gen132011
Acido folico sì, ma come?
La supplementazione di vitamina B9, o acido folico, è indicata in gravidanza per la prevenzione della spina bifida nei neonati. La quantità minima raccomandata è 400 microgrammi al giorno, ma su come garantirla - se attraverso una dieta naturale o con integratori e cibi fortificati – le opinioni sono divergenti. Poiché l'acido folico è contenuto soprattutto nei vegetali e in altri alimenti tipici della dieta mediterranea, nel sud d'Europa la carenza è meno drammatica. In America, invece, già dagli anni '90 gli esperti hanno preferito consigliare integratori alimentari e fortificare molti cibi. Come ha ricordato Angelo Azzi, membro dell'International union of biochemistry and molecular biology, «negli Usa, attraverso la fortificazione delle farine, si è arrivati a coprire il fabbisogno minimo di acido folico nel 70% della popolazione». Però secondo Robert Russel, dell'U.S. National institute of health, l'uso di cibi fortificati presenta come controindicazioni un più elevato rischio di tumori del colon-retto e della prostata. A favore della fortificazione dei cibi è Valeria Capra, medico dell'unità operativa di Neurochirurgia dell'istituto Gaslini di Genova. «I dati dell'Iss» ricorda «indicano che otto donne italiane su dieci in età fertile non assumono dosi congrue di questa vitamina prima del concepimento. A questo va aggiunto che, nel nostro Paese, sono programmate solo la metà delle gravidanze. D'altra parte, numerosi studi americani certificano una riduzione drastica di malformazioni congenite alla nascita attraverso la massiccia fortificazione dei cibi per via sintetica: il 19% in Usa, il 40% in Canada, il 58% in Argentina». Filippo Ciantia, responsabile dei progetti di cooperazione internazionale per l'Expo 2015 di Milano, sottolinea il dato socio-economico: «fortificare la farina costa meno di 75 centesimi per persona all'anno e, potenzialmente, si potrebbe scendere fino a 15. Negli Usa, dove ciò avviene da decine di anni, si è generato un risparmio di 145 milioni di dollari all'anno nelle spese per la cura dei bambini nati con spina bifida».