apr52018
Afam diventa Società benefit, Schito (Assofarm): quando la svolta non cala dall'alto
Con la trasformazione da Spa a Società Benefit, l'Azienda farmaceutica municipalizzata Afam di Firenze è la prima rete di farmacie a proprietà pubblico-privata che formalizza in maniera così netta nel proprio statuto il perseguimento di fini di utilità sociale dando un segnale forte a istituzioni pubbliche nazionali e regionali del ruolo di servizio sociale della farmacia ampiamente riconosciuto dalla società italiana, più di quanto lo sia dallo Stato. Così
Francesco Schito segretario generale Assofarm commenta il mutamento di forma societaria dell'Afam: un passaggio «epocale per le farmacie italiane». Il punto «davvero saliente dell'operazione è l'impegno formale a sottoporsi ogni anno alla valutazione di un ente terzo in ordine al raggiungimento dei risultati raggiunti in ambito "sociale"». E su questo Schito sottolinea che, per quanto tutti i farmacisti potrebbero commentare, a ragione, "anche noi di fatto siamo benefit da anni", «evolvere da una situazione de facto a una condizione de jure significa anche pretendere che altri riconoscano i contenuti della nostra evoluzione». Chiaramente, aggiunge Schito, senza «trascurare la complessità del nostro settore, data dalla convivenza tra questa voluta mission sociale e la necessità di produrre fatturati e bilanci positivi, che sono e devono rimanere condizioni imprescindibili dell'essere farmacia territoriale».
Nel frattempo, prosegue l'analisi del segretario di Assofarm «il contesto restituisce segnali di ristagno». E il riferimento va al rinnovo della Convenzione il cui passo «dopo le prime incoraggianti mosse dello scorso agosto sembra essere pericolosamente rallentato. Dato che proprio in questi giorni, è stata rinnovata la convenzione coi medici di medicina generale, ci auguriamo che ora tocchi a noi». Ma anche alle scelte regionali sulla distribuzione diretta dei farmaci: «Abbiamo registrato un'avanzata in ordine sparso da parte di alcune Regioni in tema di distribuzione diretta, al netto delle rassicurazioni ricevute da alcuni loro rappresentanti sulla volontà di non mettere a repentaglio la tenuta della farmacia. Il nostro timore è che, al di là di tutto, si nasconda ancora una volta una debole considerazione per la farmacia territoriale».
Dal confronto tra queste riflessioni e l'iniziativa di Firenze, le conclusioni di Schito: «Le farmacie non possono aspettare che la svolta cali dall'alto. Non sappiamo che maggioranza politica governerà il paese nei prossimi anni, ma ricordiamo bene che i precedenti Esecutivi hanno prodotto quella che poi è diventata l'attuale legge sulla concorrenza, testo certo non amico dell'idea che le farmacie territoriali hanno del proprio futuro. In attesa quindi di comprendere volto e idee delle nostre controparti istituzionali, dobbiamo conquistare i terreni disponibili. La formalizzazione del nostro essere società not-for-profit che operano però nell'interesse di tutta la comunità è un passaggio che richiede volontà politica ma che è alla nostra portata. È possibile farlo, ed è anche di vitale importanza: se lo facessimo tutti, questo passaggio diventerebbe il tratto distintivo della farmacia territoriale indipendente nei confronti dei nuovi soggetti che con ogni probabilità si formeranno a seguito delle possibilità offerte dalla nuova legge sulla concorrenza. Possiamo ancora permetterci meline sulla linea di difesa? Possiamo permetterci di attendere grandi riforme legislative mentre le ultime disposizioni mirano esplicitamente a erodere il nostro spazio di azione?».
(SZ)