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Nutrizione

22 Novembre 2018

Alcol: la soglia di consumo sicuro è zero


Non esiste un livello di consumo di bevande alcoliche che sia sicuro. Brutte notizie per i quasi 2,4 miliardi di bevitori nel mondo, per il 63% maschi. I decessi riconducibili al consumo di alcol sono quasi 3 milioni (il 12% dei decessi nei maschi di età compresa fra 15 e 49 anni). Questi sono i risultati di uno studio pubblicato su Lancet nel settembre 2018 e ripresi dai maggiori organi di stampa internazionali. Il consumo di alcol è una dei principali fattori di rischio per mortalità e disabilità ma ancora si dibatte sui possibili effetti protettivi di un uso moderato in specifiche condizioni.

Lo studio in questione fa parte di "The Global Burden of Disease" (GBD), lo studio epidemiologico osservazionale che valuta l'impatto delle diverse malattie per fornire agli Stati strumenti di gestione delle politiche sanitarie. Ha valutato quantità, abitudini di consumo e il cosiddetto DALY (Disability-Adjusted Lost Years) una misura di disabilità e qualità di vita e di morte precoce della popolazione di 195 paesi, fra il 1990 e il 2016.

A livello globale il consumo di alcol è risultato essere il settimo fattore di rischio sia per morte sia per disabilità (DALYs) nel 2016. Nelle conclusioni gli autori riportano che il rischio per tutte le cause di morte, cancro compreso, aumenta con il crescere delle quantità di alcol consumate: il livello di consumo che minimizza la perdita di salute è quindi pari a zero. Dati che dovrebbero portare - secondo gli autori - una revisione globale delle politiche di consumo e ad uno sforzo per diminuire i livelli d'uso nella popolazione. Va detto che lo studio non fa distinzione fra tipologie di bevande alcoliche ma si basa unicamente sugli effetti del consumo di alcol etilico in quanto sostanza cancerogena e tossica presente in ciascuna di esse e conclude quanto gli effetti eventualmente positivi (per esempio sul sistema cardiovascolare) non bilancino quelli negativi sul resto degli organi.

Il messaggio finale del lavoro non solleva dubbi ed è tutt'altro che nuovo, si legge in un commento del portale Epicentro del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Istituto Superiore di Sanità. Già nel 1995 infatti l'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarava nella European Charter on Alcohol, che livelli sicuri non esistono, ribadendo il concetto di "less is better" fondato sulla consapevolezza e il buon senso del consumatore. Questi dati, spiega Giuseppe Grosso, medico specialista in Igiene e Sanità Pubblica, esperto in nutrizione, coautore dello studio "hanno messo in evidenza come la prima causa di morte legata al consumo di alcolici siano gli incidenti stradali e la seconda la tubercolosi. Sono una stima dell'impatto reale sulla salute, valutato a livello di grandi numeri". A livello di singola nazione andrebbero tuttavia interpretati e valutati nell'ambito delle usanze e degli stili di vita adottati. In Italia per esempio, dove le modalità di consumo differiscono molto dal resto dei paesi, il rischio associato al consumo di alcol dipende anche dallo stile di vita in generale e alla contemporanea presenza di altri fattori di rischio (fumo, sedentarietà, obesità, diabete).


Francesca De vecchi

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