Politica e Sanità
30 Ottobre 2018L'Antitrust, nel segnalare disomogeneità di prassi da parte delle Regioni nel rilascio alle parafarmacie dell'autorizzazione alla vendita al pubblico, dei dispositivi medici e degli alimenti speciali a carico del Ssn, "non ha ritenuto di avvalersi della possibilità di procedere ad impugnare i relativi atti regionali in quanto distorsivi della concorrenza, bensì si è limitata ad una semplice segnalazione". È quanto mette in evidenza Federfarma in una circolare in cui precisa che nella maggior parte delle regioni "già da anni, per le categorie dei prodotti in esame, le farmacie non rappresentano più l'unico punto di prelievo disponibile per i cittadini che possono, ad esempio, rivolgersi ad altri canali come quello delle sanitarie o dei centri aderenti alla Fioto per il ritiro dei dispositivi medici o a negozi specializzati per gli alimenti per fini medici specifici, fermo restando che la rete delle parafarmacie, come ha potuto constare la stessa Antitrust, è già autorizzata in diverse regioni".
La circolare ricorda che l'Agcm in data 21 settembre 2018 ha rivolto alle Regioni e alle Province Autonome l'invito ad "adottare provvedimenti che consentano alle parafarmacie, al pari delle farmacie, la vendita di dispositivi medici e di alimenti per fini medici specifici, in convenzione con il Ssr ed a comunicare entro 45 giorni le determinazioni assunte in merito alle questioni evidenziate". In breve, l'Antitrust ha rilevato che, in base alle norme vigenti, le Regioni si avvalgono in via prioritaria del canale distributivo delle farmacie, mentre la commercializzazione degli alimenti per fini medici specifici "può avvenire indifferentemente attraverso il canale distributivo delle farmacie, delle parafarmacie e/o delle catene di negozi specializzati, rispetto ai quali, tuttavia, appare prevalente il primo" ma "entrambe le categorie di prodotti (ossia dispositivi medici e alimenti speciali) sono talvolta dispensati attraverso il richiamato modello di distribuzione c.d. "per conto", ancorché tale modello sia stato pensato dal Legislatore per la distribuzione dei farmaci inseriti nel Pht". Sempre secondo l'Antitrust, il rifiuto di convenzionarsi con le parafarmacie per la vendita di questi prodotti è "suscettibile di una valutazione negativa sul piano concorrenziale" e "non trova nemmeno il proprio fondamento nelle norme vigenti". E tale esclusione, secondo l'Antitrust, non è giustificabile con la volontà di tutelare la salute dei cittadini, dal momento che la legge impone anche all'interno delle parafarmacie la presenza di un farmacista.
Detto questo, Federfarma ritiene doveroso ricordare che la Magistratura ha ribadito la differenza "sostanziale oltreché formale" tra farmacie e parafarmacie, in funzione delle "garanzie assicurate dalle prime rispetto alle seconde e, di conseguenza, che è più che legittimo e ragionevole attribuire solo alle prime determinate funzioni". E ricorda la recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 66/2017) che ha bocciato la "possibilità per le parafarmacie, prevista da una legge regionale, di effettuare i "nuovi servizi" che il d.lgs. 153/2009, viceversa, ha attribuito solo alle farmacie". Sempre rispetto alla legge regionale, l'Avvocatura dello Stato ha rilevato che "tali prestazioni sono possibili solo presso le farmacie, in considerazione del più esteso regime di obblighi, e di conseguenti garanzie per la salute dei cittadini, che gravano sulle stesse e che vanno ben oltre la mera presenza di un farmacista. Il legislatore regionale, dunque, con la norma impugnata avrebbe illegittimamente abbassato gli standard di tutela della salute dei cittadini...". Condividendo tale affermazione, la Corte Costituzionale ha statuito che "i criteri stabiliti dalla legislazione statale relativi all'organizzazione dei servizi delle farmacie costituiscano «principi fondamentali» in materia di tutela della salute, in quanto finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei servizi in tutto il territorio, a tutela di un bene, quale la salute della persona". Statuizioni, peraltro, già rinvenibili nei precedenti della stessa Corte (sentenza n. 216/2014) e della Corte di Giustizia UE del 5 dicembre 2013. E chiude la circolare sottolineando che "in tale circostanza, l'Antitrust non ha ritenuto di avvalersi della possibilità di procedere ad impugnare i relativi atti regionali in quanto distorsivi della concorrenza, bensì si è limitata ad una semplice segnalazione".
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