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Politica e Sanità

20 Ottobre 2017

Brevetto farmaci: l’Europa avvia lavori su deroghe a Spc protection


L'Europa avvia i lavori sulla deroga che consentirebbe la produzione di farmaci generici durante la vigenza del certificato di protezione complementare (Spc) ai soli fini dell'esportazione nei mercati dove questo sia scaduto o non sia in vigore. Lo rende noto Assogenerici sottolineando che si tratta di una misura che «nei prossimi otto anni potrebbe incrementare, secondo uno studio di Charles River Associates, il giro d'affari complessivo del comparto farmaceutico europeo tra i 7,7 e 9,5 miliardi di euro entro il 2025, consentendo anche di realizzare una riduzione della spesa farmaceutica comunitaria per una cifra compresa tra 1,6 e 3,1 miliardi di euro». L'Associazione di categoria segnala che la Direzione generale per il mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le PMI della Commissione Ue ha avviato il 12 ottobre una consultazione pubblica (fino al 4 gennaio 2018) facendo seguito a un percorso avviato con la "Single Market Strategy", documento adottato nel 2015 che preannunciava l'intenzione di proporre "misure destinate a migliorare il sistema dei brevetti in Europa, in particolare per le industrie farmaceutiche e le altre industrie i cui prodotti sono soggetti a autorizzazioni di mercato regolamentate".

Tra le novità messe in campo la creazione di un certificato Spc unico europeo, l'aggiornamento del campo di applicazione della deroga alla tutela brevettuale a scopo ricerca e l'introduzione di una deroga all'Spc ai fini della produzione ed export di medicinali fuori brevetto (Spc manufacturing waever). E la consultazione avvia riguarda proprio la possibilità di introdurre un Spc unico a livello europeo e le deroghe alla tutela brevettuale a scopo di ricerca (cd. "Bolar clause") introdotte dalla normativa comunitaria per consentire ai produttori di farmaci equivalenti l'esecuzione delle prove di bioequivalenza prima della scadenza della tutela brevettuale sul principio attivo. Le due questioni, spiega la nota, sono propedeutiche all'introduzione del Spc manufacturing weaver da tempo sollecitato dalle imprese genericiste, anche perché l'attuale quadro normativo europeo provoca pesanti ricadute industriali ed occupazionali. Le aziende farmaceutiche che producono in Europa subiscono una pesante concorrenza da parte delle aziende che producono nei Paesi extra europei e si vedono costrette a spostare all'estero la produzione. Una volta impiantate, le produzioni rimangono nei Paesi extra UE a causa degli accordi di esclusività produttiva imposti dagli ospitanti. A confermare i vantaggi delle soluzioni proposte è uno studio appena reso pubblico dalla Commissione da cui emergono alcune indicazioni.

L'estensione della "Bolar clause" a tutti i farmaci e a tutte le domande Aic nei Paesi europei determinerebbe per le aziende produttrici risparmi compresi tra i 23 e i 34,2 milioni di euro l'anno (es. riduzione delle spese legali). La combinazione tra l'Spc export weaver e l'estensione della "Bolar clause" determinerebbe una crescita del giro d'affari dei produttori di principi attivi farmaceutici europei tra i 211,8 milioni di euro e i 254,3 milioni entro il 2030, con la creazione di ulteriori 2mila posti di lavoro. L'introduzione del Spc export waiver verso paesi terzi si tradurrebbe invece in un aumento delle vendite nette dell'industria farmaceutica europea da 7,3 a 9,5 miliardi di euro entro il 2025 e nella creazione di almeno 20-25mila nuovi posti di lavoro nel comparto farmaceutico, con un aumento compreso tra il 13% e il 16%. La stessa misura determinerebbe un aumento delle esportazioni farmaceutiche dall'Europa compreso tra il 6% e il 18%. La concorrenza indotta da tutte le precedenti misure garantirebbe risparmi sulla spesa farmaceutica europea compresi tra 1,6 e 3,1 miliardi come conseguenza della tempestiva introduzione sul mercato di farmaci equivalenti e biosimilari. (SZ)

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