FITOTERAPIA

giu62016

Cardo mariano, dal mito cristiano alla moderna medicina

Si narra che la Vergine Maria in viaggio verso l’Egitto si fermò ad allattare il piccolo Gesù dietro ad un grande cardo. Una goccia di latte le cadde dal seno e bagnò una foglia. Da quel momento quella pianta divenne benedetta e si chiamò “cardo di Maria” o mariano

Per gli anglofoni è il milk thistle, cioè il cardo da latte, forse per quelle foglie maculo-striate che sembrano realmente bagnate dal latte. Sta di fatto che per secoli il Cardo mariano fu usato per migliorare il flusso di latte delle puerpere. Inoltre ha trovato utilizzo come antidoto per il veleno dei serpenti e come rimedio per la "melancolia" (Gerard, 1597). Andrea Mattioli nel XVI sec. ne consiglia l'uso per le "[...] oppilationi del fegato e delle uene [...]". In effetti, secondo le moderne evidenze scientifiche, il fegato sembra essere il principale organo interessato dal cardo, ma andiamo per gradi. Questa pianta merita una presentazione ufficiale!

Nome: Sylibum marianum. Parte utilizzata: la zona esterna del frutto detta anche achenio. Periodo balsamico di raccolta: tarda estate. Costituenti attivi: un gruppo di flavolignani chiamati nel loro complesso silimarina, che esercitano attività epatoprotettiva nei confronti di numerosi agenti tossici (alcool, funghi velenosi) e rigenerante per le cellule epatiche. Inoltre il capostipite di questa famiglia, la Silibina, incrementa la produzione di glutatione epatico contribuendo alla difesa antiossidante del fegato. Tuttavia, come dice il detto, non è tutto oro ciò che luccica e le insidie possono trovarsi lì dietro l'angolo, o meglio, ai bordi delle strade! Eh sì, perché la raccolta spontanea dei cardi è una pratica ancora molto usata in Italia. Attenzione però al luogo in cui si trova, soprattutto da evitare aiuole e terreni che fiancheggiano strade a intenso traffico. In questo caso meglio rivolgersi agli erboristi o ai farmacisti che possono fornirvi di estratti purificati di Cardo. In alternativa è possibile utilizzare la silimarina pura, facendosela prescrivere dal medico in forma galenica oppure utilizzando alcuni farmaci in commercio come il Legalon o i suoi generici. Purtroppo anche con la silimarina possono esserci degli inconvenienti legati alla fitovigilanza. È possibile, infatti, s'instaurino interazioni farmacologiche con alcune molecole substrato per i citocromi o per le pompe di afflusso OATPs. Il risultato è un'imprevedibile variazione della concentrazione di questi farmaci. Inoltre si pone cautela sull'utilizzo della silimarina in pazienti con storia recente o pregressa di tumori estrogeno sensibili, e in pazienti affetti da calcoli renali. Tuttavia il problema più sentito per noi farmacisti preparatori è quello della scarsa biodisponibilità della silimarina, in pratica essa non è efficacemente assorbita a livello sistemico. Fortunatamente ci viene in aiuto la moderna fitogalenica che ci offre degli escamotage utili per ovviare a questo inconveniente, uno su tutti l'utilizzo di complessi fosfolipidici (fitosoma, liposoma, microemulsioni) che ne aumentano sensibilmente la biodiponibilità.


Angelo Siviero
Farmacista
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