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Politica e Sanità

19 Giugno 2019

Cessione farmaci veterinari, Federfarma: solo confezioni già aperte. Norma da rivedere


Cessione farmaci veterinari, Federfarma interviene nel dibattito tra le categorie professionali

Il tema della separazione dei ruoli professionali, tra farmacisti e veterinari, nella dispensazione dei farmaci veterinari, va sottoposta alla classe politica, c'è un'impropria e pericolosa commistione tra le attività di prescrizione e quella di dispensazione del farmaco non coerente con la normativa complessiva del settore. La normativa in questione va ricondotta alle originarie finalità: permettere solo la consegna di confezioni già aperte all'atto della prestazione medica. Questa la richiesta, comunicata tramite una circolare, Federfarma interviene nel dibattito sulla cessione di confezioni di farmaci presso l'ambulatorio veterinario. Il sindacato, in considerazione del tavolo di collaborazione tra le due categorie, ha posto la questione al presidente dell'ANMVI Marco Melosi con particolare riferimento a un poster che promuove l'attività di cessione diretta del farmaco da parte del medico veterinario. Melosi ha assicurato che si tratta di materiale informativo risalente "probabilmente alla fine del 2012 quando, con il Decreto Balduzzi, si modificò la normativa previgente permettendo al veterinario di "consegnare" al proprietario di animali da compagnia un farmaco della propria scorta all'atto della prestazione medica". La circolare ricorda che "la facoltà di "consegna" del farmaco era limitata alle confezioni già aperte all'atto della prestazione medica, così come attualmente previsto solo per gli animali destinati alla produzione di alimenti (DPA)".
Secondo Federfarma, l'attuale situazione normativa non è "coerente con un principio basilare che dovrebbe sempre informare le politiche sanitarie pubbliche, ovvero operare una netta e distinta separazione tra chi stabilisce diagnosi e terapia e chi invece è chiamato a consegnare e controllare i farmaci selezionati per implementare la suddetta terapia". Ed è "anche del tutto incongruente con gli obiettivi sanitari che il Legislatore si è posto con l'introduzione della ricetta elettronica veterinaria". E spiega: "Pur se i veterinari devono redigere una ricetta elettronica per scorta propria, nel momento in cui acquistano i farmaci dal grossista o dalla farmacia, l'art. 84.4 del d.lgs. n.193/2006 li esime dal registrare lo scarico dei farmaci destinati agli animali da compagnia. In tal modo si perde la tracciatura di una parte dei farmaci veterinari. Contrariamente a quanto si potrebbe astrattamente pensare la resistenza antimicrobica si sviluppa anche dalle deiezioni degli animali da compagnia o, in maniera ancor più cogente, attraverso gli animali utilizzati per autoconsumo».
Da qui la richiesta di "sottoporre alla classe politica la fondamentale questione della separazione dei ruoli professionali.Non appare infatti coerente con la normativa complessiva del settore mantenere un'impropria e pericolosa commistione tra le attività di prescrizione e quella di dispensazione del farmaco". Secondo il sindacato è "necessario ricondurre la normativa in questione alle originarie finalità di carattere sanitario, ovvero permettere solo la consegna di confezioni già aperte all'atto della prestazione medica".

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