Sanità

mag292018

Codice deontologico, gli avvocati fanno chiarezza su responsabilità e obblighi del direttore

Codice deontologico, gli avvocati fanno chiarezza su responsabilità e obblighi del direttore
Le previsioni della Legge "Lorenzin" (n. 3/2018), del nuovo Codice Deontologico approvato dalla Fofi il 7 maggio e della Legge Concorrenza (n. 124/2017) ampliano l'ambito di responsabilità del farmacista nominato Direttore dell'esercizio farmaceutico ma non gli attribuiscono maggiori poteri decisionali: il suo è un ruolo esecutivo e tecnico. Ad affermarlo è l'avvocato Paolo Leopardi in un parere reso a Federfarma sul nuovo Codice Deontologico e oggetto di una circolare inviata ai titolari, cui fa eco una disamina degli artt. 23 e 24 del citato Codice, proposta dall'avvocato Claudio Duchi, dell'Osservatorio Iusfarma, che stabiliscono responsabilità e obblighi lasciando "un margine di ambiguità".

Nella sua lettura del Codice, l'avvocato Leopardi, chiarisce gli aspetti pratici della la figura del direttore che "deve essere ricondotta ad un ruolo esecutivo e tecnico così come già la precedente normativa prevedeva". E, citando l'art. 7 comma 3 della l. 362/91 e successive modificazioni, ricorda che la direzione tecnica, "può essere assunta da uno dei soci, se farmacisti, o da un farmacista estraneo alla compagine sociale che detenga il requisito dell'idoneità professionale e, in tale qualità, quest'ultimo è responsabile della sola conduzione professionale della farmacia sociale". E aggiunge che, per quanto riguarda amministrazione e rappresentanza legale della società, queste "dovranno essere disciplinate dall'atto costitutivo/statuto che potrà contemplare la forma congiunta o disgiunta, salvo rimettere il compimento di alcune specifiche operazioni all'amministrazione congiunta". Quindi, in caso di atteggiamenti del Direttore tecnico in contrasto con lo statuto, questi andranno "formalmente contestati dal socio (co-amministratore), e, qualora, il comportamento in violazione dei patti sociali dovesse proseguire - sarà necessario ricorrere all'autorità giudiziaria, oppure ad un arbitro se previsto nel contratto sociale, ovvero in un separato atto sottoscritto da tutti i soci".

Dal canto su l'avvocato Duchi fa notare che nell'art. 24 del Codice deontologico, si afferma che il direttore è "garante e personalmente responsabile del rispetto delle disposizioni di legge e di tutte le regole deontologiche da applicarsi "in maniera uniforme, omogenea e senza distinzioni". Quella che secondo Duchi si andrebbe a delineare come una "regola generale" con cui "non si fanno sconti" alle società titolari di farmacie composte da non farmacisti in quanto il direttore-farmacista è "tenuto ad imporre, sotto la sua personale responsabilità gravida anche di conseguenze disciplinari, l'osservanza delle norme, deontologiche e non", incontra "un margine di ambiguità" nel terzo comma. Che spiega così: "dapprima, in coerenza con i precedenti, prescrive che eventuali inosservanze alle previsioni che precedono saranno valutate in sede disciplinare secondo i criteri di omogeneità, par condicio ed uniformità e senza distinzioni in ordine alla proprietà della farmacia e poi aggiunge che qualora la proprietà della farmacia non faccia osservare le prescrizioni del codice deontologico il farmacista-direttore ha il dovere di segnalare l'inosservanza all'Ordine". Secondo Duchi il "sospetto di ambiguità" nasce dal fatto che la norma dà prima una prescrizione "chiara e rigorosa: il direttore della farmacia non può giustificarsi sul piano disciplinare adducendo i condizionamenti ai quali fosse stato sottoposto dalla titolarità-proprietà dell'esercizio rivestita da non farmacisti". Ma poi indica il dovere di segnalare l'inosservanza del Codice all'Ordine e, per l'avvocato Duchi, "non si capisce bene se introduca un'esimente od un aggravio in capo al direttore, cioè se la sua denuncia integri il solo comportamento esigibile oppure costituisca un obbligo aggiuntivo che non fa venire meno il dovere di disattendere in ogni caso le pretese della titolarità della farmacia di comportamenti deontologicamente scorretti". La seconda interpretazione, per la quale propende Duchi stesso, "renderebbe la norma estremamente coerente e rigorosa e tuttavia, se così fosse, si sarebbe probabilmente potuto adottare una formulazione più chiara".
C'è poi un altro dubbio, legato all'art. 23, che tratta nello specifico il divieto di non fare pubblicità alla propria farmacia in studi ed ambulatori medici o veterinari, cliniche, strutture sanitarie e socio assistenziali. Nel caso in cui questo divieto non è rispettato dalla proprietà della farmacia o dell'esercizio di vicinato, secondo l'art. 23, il direttore o il farmacista responsabile hanno il dovere di segnalare l'inosservanza all'Ordine. "È questo il solo comportamento cui sono tenuti? - si domanda l'avvocato - Probabilmente sì, perché con questi chiari di luna sarebbe eccessivo pretenderne anche le dimissioni e perché in ogni caso si tratta di comportamenti tenuti al di fuori della farmacia e quindi dalla sfera di stretta responsabilità del direttore. Anche in questo caso, però, la formulazione della norma lascia qualche margine di interpretazione".

Simona Zazzetta


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