gen202022
Conservare e migliorare le piante medicinali per evitare estinzione
L'uso eccessivo di piante medicinali rischia di essere la causa di gravi problemi ecologici legati all'impoverimento della biodiversità, fino al rischio di estinzione delle specie
Le
piante sono da sempre state una fonte indispensabile di principi attivi ad uso terapeutico per la cura di molte malattie. Tuttavia, il loro uso eccessivo rischia di essere la causa di gravi problemi ecologici legati all'impoverimento della biodiversità, fino al rischio di estinzione delle specie. Le cause principali della distruzione di diversi ecosistemi e la perdita di numerose specie vegetali sono state l'espansione incontrollata delle aree urbane e numerose azioni incaute dell'uomo, tra cui l'uso illegale delle specie a scopo commerciale (Scanes 2018). A questo riguardo le piante medicinali costituiscono il target principale di molti trafficanti che depauperano gli ambienti naturali per l'uso locale o il trasporto verso altri luoghi urbanizzati anche molto distanti (Rajesvara Rao 2016; Chi et al. 2017).
Circa 15.000 specie medicinali a rischio
È stato stimato che circa 15.000 specie medicinali potrebbero essere perse mettendo a rischio la scoperta di nuovi farmaci. Per questo sono state sviluppate diverse strategie per la loro conservazione come la conservazione in situ e la conservazione ex-situ. Per il mantenimento delle piante nel loro ambiente naturale (conservazione in situ) si è dimostrato essenziale l'allestimento di vivai di specie selvatiche (wildlife nurseries) e l'istituzione di aree protette che le contengano. Nel mondo, sono state istituite circa 13.000 aree protette, circa il 9% della superficie terrestre (Huang et al. 2002). Ciò ha contribuito alla coltivazione-dedicata e al miglioramento di queste specie garantendone oltre il mantenimento, anche la qualità dei principi bioattivi che sappiamo dipendere dalla interazione di queste specie con altre piante ed animali del luogo oltre che dalle condizioni climatiche.
Costruire giardini etnobiologici e banche del seme
Anche la conservazione ex situ, con la progettazione di giardini etnobiologici e l'istituzione di banche del seme dà un grosso contributo alla preservazione delle specie a rischio di estinzione. Tuttavia il mantenimento delle collezioni di germoplasma in campo è veramente costoso, oltre a richiedere larghi appezzamenti di terreno e può essere influenzato dalle condizioni ambientali. La conservazione del seme, d'altra parte è ideale per le specie coltivate (crops) con elevata produzione di seme, mentre è noto che i semi della maggior parte delle piante medicinali sono dormienti, non vitali o richiedono lunghissimi periodi per la germinazione (i.e Neem, Rauvolfia serpentine, Panax ginseng...). Ne consegue che la riproduzione per seme non è la strategia preferenziale da seguire. Una tecnica innovativa e non convenzionale di conservazione ex-situ è basata sull'uso delle colture in vitro di tessuti vegetali, che può avvalersi della prerogativa di costituire una fonte inesauribile di materia prima (il materiale vegetale, appunto) a partire da una piccola porzione di tessuto di una pianta in natura, per lo studio e la produzione di composti bioattivi e farmaci cosiddetti green (Niazian 2019). Tra i vantaggi più significativi della coltura in vitro si annovera la produzione controllata e ottimizzata del prodotto desiderato inclusa l'assoluta assenza di pesticidi, erbicidi o contaminanti di altra natura, a vantaggio della qualità dei componenti del metabolismo secondario, indipendentemente dall'origine geografica e dal clima.
Protocolli di coltura in vitro
Protocolli di coltura in vitro sono stati applicati per la conservazione di un ampio range di piante medicinali a rischio di estinzione, rare o minacciate come Saussaurealappa, Picorrhizakurroa, Ginkgo biloba, Swertiachirata and Gymnema sylvestre, Tinospora cordifolia, Salaca oblonga, Holostemma, Celastrus paniculata, Oroxylum indicum (Sharma et al. 2010). Tecniche di crescita lenta su substrati artificiali che contengono l'acido abscissico (ABA), il fitoregolatore endogeno responsabile della dormienza del seme, sono spesso usate per ritardare la crescita delle piantine in vitro. In queste condizioni l'ABA modifica il metabolismo dei carboidrati a favore di un equilibrio osmotico ottimale per ridurre il danno da deidratazione. L'uso di sub-colture in condizioni di bassa temperatura (5-12°C) ha reso possibile la conservazione di gemme per periodi da 6 mesi ad un anno per la successiva propagazione su larga scala mediante moltiplicazione vegetativa in vitro. La crio-preservazione, ovvero il mantenimento di germogli, embrioni somatici e sospensioni cellulari in azoto liquido a temperature di -196°C si è rivelato un metodo di conservazione più vantaggioso e a basso costo rispetto ad altri, sebbene sia attualmente possibile su un numero ancora limitato di specie. Conservazione in situ, ex-situ e in vitro costituiscono dunque i tre pilastri del piano di conservazione delle piante medicinali. Ma la coltura in vitro rappresenta anche il metodo non convenzionale per eccellenza per la produzione su larga scala di metaboliti secondari sintetizzati nelle radici o nei tessuti della parte aerea delle piante medicinali (Plants Derived medicinal compounds, PDMC). Essi comprendono molti terpeni, polifenoli, cardenolidi, steroidi, alcaloidi e glicosidi, prodotti a livello industriale ed utilizzati in medicina ed in agricoltura o come prodotti aromatici e additivi nell'industria alimentare (Singh & Singh 2021). I PDMC possono essere prodotti in vitro mediante l'induzione di cellule sdifferenziate o callo, la coltura di cellule in sospensione, la rigenerazione di gemme e di embrioni e l'induzione di hairy root attraverso le tecniche di trasformazione genetica. In questo caso la produzione su larga scala è supportata dall'uso di bioreattori in sinergia con l'uso di elicitori di varia natura, che permettono una moltiplicazione eccezionalmente rapida di cellule e tessuti. Inoltre, la trasformazione genetica permette di introdurre sequenze di regolazione per la modulazione dell'espressione di geni deputati alla sintesi dei PDMC o l'introduzione di nuovi geni e nuove vie di regolazione per la produzione di nuovi composti. Tutto questo costituisce un grosso potenziale per la ricerca nel settore delle piante medicinali con l'incentivo a sviluppare nuovi protocolli su un numero sempre maggiore di specie.
Chi et al. Threatened medicinal plants in China: Distributions and conservation priorities. Biological Conservation 2017; 210, 89-95.
Niazian, M. Application of genetics and biotechnology for improving medicinal plants. Planta 2019; 249(4), 953-973.
Rajesvara Rao B. R. Genetic diversity, genetic erosion, conservation of genetic resources, and cultivation of medicinal plants. In Genetic Diversity and Erosion in Plants 2016 (pp. 357-407). Springer, Cham.
Scanes C. G. Human activity and habitat loss: destruction, fragmentation, and degradation. In Animals and human society 2018 (pp. 451-482). Academic Press.
Sharma et al. Conservation of biodiversity of highly important medicinal plants of India through tissue culture technology-a review: Agriculture and Biology. J North America 2010; 1: 827-833.
Singh, P. R., & Singh, L. J. In vitro propagation for improvement of medicinal plants: A review. J Pharmacognosy and Phytochemistry 2021 10(1), 1484-1489. Patrizia BoganiRicercatore, Università degli Studi di Firenze
Cerfit, Aou Careggi, Firenze