feb172015
Consiglio di Stato su nuove sedi: sì a Comuni su uso discrezionale dei "resti"
In attesa che la Corte Costituzionale si esprima sulla costituzionalità dell'art. 11 della legge 27/2012, la cui discussione è stata avviata con l'udienza dello scorso 10 febbraio, arriva un'altra sentenza della Sezione III del Consiglio di Stato, che intervenendo sulla questione del quorum e dei "resti", attribuisce al Comune il «diritto a istituire una nuova farmacia anche se il rapporto è inferiore a 3.300 abitanti». A segnalare la sentenza (n. 528 del 3/2/2015) è l'avvocato
Paola Ferrari, dello Studio legale Ferrari, che a Farmacista33 chiarisce in primo luogo che «il Consiglio di Stato non è entrato nel merito della costituzionalità, ma ha chiarito gli intenti del legislatore sull'utilizzazione facoltativa, e non obbligatoria, del "resto"». Il Consiglio è intervenuto, rigettando il ricorso di una farmacista e confermando una sentenza del Tar di Lecce, sull'individuazione di una seconda sede farmaceutica nel comune di Corsano (Le). «La ricorrente» si legge nella sentenza «prospettava che il Comune di Corsano, alla data di riferimento indicata dal decreto legge, aveva 5.693 abitanti e che questa popolazione, applicando il parametro demografico di 1 sede farmaceutica su ogni 3300 abitanti, consentirebbe l'esercizio di una sola farmacia. Invece la Regione» prosegue la sentenza «aveva previsto l'istituzione della seconda farmacia utilizzando la disposizione del comma 2 dell'art.11 citato che la consente, quando, computati i primi 3.300 abitanti, risulti una eccedenza di popolazione pari a 1651 abitanti». Secondo la ricorrente tale norma «non attribuirebbe all'Autorità competente il potere di automatica istituzione di una nuova sede, ma, in realtà, consentirebbe una valutazione discrezionale, che, pertanto, nel caso all'esame, avrebbe dovuto essere sorretta da una motivazione che ne dimostrasse in concreto l'utilità per l'interesse pubblico».
Il Consiglio, fa notare l'avvocato Ferrari, «ha aggiunto che la premessa testuale dell'intervento normativo del 2012, è la seguente: "
Al fine di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico, alla legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:(...)". Per tale motivo, anche ammettendo che l'autorità sanitaria non sia obbligata a utilizzare il "resto", ma ne abbia solo la facoltà, la scelta di utilizzarlo non richiede alcun'altra giustificazione o motivazione rispetto a quella già enunciata dalla norma; occorrerebbe, semmai, una motivazione esplicita qualora si volesse fare la scelta contraria». L'esperta ricorda che, come evidenziato anche nella sentenza, il Consiglio si era già espresso in merito (Sezione Terza n.4667/2013) affermando che «la formulazione della norma fa intendere che non vi è alcuna restrizione al riguardo; non si richiede cioè l'accertamento di particolari condizioni o esigenze, anzi visti il contesto e la ratio della riforma, è chiaro che il favore del legislatore è orientato alla massima espansione degli esercizi farmaceutici e, quindi, non si può ritenere necessaria alcuna specifica motivazione del Comune per giustificare tale scelta. Né, in senso contrario, giova l'affermazione del farmacista secondo il quale il "resto" risulti pari a 2393 e, dunque, superi solo di 743 unità la metà del parametro di 3.300 abitanti e che nel paese confinante senza soluzione di continuità vi fosse una farmacia. Peraltro ogni singola farmacia, afferma il Tar, è posta al servizio della generalità dei cittadini, giacché ciascuno di essi è libero di rivolgersi all'esercizio che preferisce e la norma ha solo lo scopo di mantenere una certa proporzione (approssimata) fra il numero degli abitanti e quello delle farmacie, non quello di assegnare a ciascun esercizio una certa quota di utenti».
Simona Zazzetta