Sanità

mar312021

Import ed export parallelo, Report Aifa: focus sui farmaci di fascia C. Ecco quali

Import ed export parallelo, Report Aifa: focus sui farmaci di fascia C. Ecco quali

L'import parallelo di farmaci è un fenomeno da 150 milioni di euro l'anno e interessa per lo più farmaci di fascia C. Il Rapporto dell'Agenzia italiana del farmaco

Con l'esportazione parallela di medicinali i pazienti italiani perdono disponibilità di cure in modo grave o si tratta di fenomeni isolati? E l'import fa bene o male? Sono due tra le tante domande cui risponde il Rapporto dell'Agenzia del farmaco 2016-18 su Import ed export parallelo di medicinali. Si tratta di una "gemmazione" del Rapporto Osmed sul consumo di farmaci in Italia ed è stata presentata all'indomani di un importante provvedimento Aifa che vara una procedura semplificata dei prezzi di rimborso dei farmaci da import parallelo, approvabili automaticamente sul nostro mercato se i distributori praticano uno sconto fisso del 7% rispetto al farmaco di riferimento. Il provvedimento - determina 3751/2021- è stato ricordato dal dg Aifa Nicola Magrini che ha spiegato: «L'import parallelo è fenomeno da 150 milioni di euro l'anno, interessa per lo più farmaci di fascia C non essenziali a carico del cittadino, che però li paga e i cui prezzi vanno comunque sorvegliati, una responsabilità di cui Aifa sente di farsi carico».

Import parallelo: il mercato cresce

L'import parallelo - I dati del Rapporto sono ricavati in un triennio, in cui hanno movimentato spese dall'Italia per 450 milioni, ma in Germania arrivano ad 1 miliardo l'anno. C'è un'associazione di importatori attiva su 23 paesi europei, Affordable Medicines Europe, il cui presidente Kasper Ernest ospite del web meeting Aifa ha spiegato le importanti opportunità di risparmio per gli stati membri comunitari dovuti alla concorrenza che si accentua quando si apre un canale distributivo tra farmaci in vendita da un paese dove costano meno ad uno dove costano di più. I presupposti sono: fuori area euro, la differenza tra tassi di cambio delle valute e la differente ricchezza tra paesi; in area euro, il fatto che i servizi sanitari dei paesi Ue commercino medicinali a prezzi molto diversi tra loro, dovuti ai differenti iter di negoziazione con le autorità regolatorie, nonché - spiega Mauro De Rosa (docente Università del Piemonte Orientale) - gap tra costi regolatori e di logistica su cui l'azienda esportatrice può economizzare creandosi un margine.
L'Italia è tra i paesi con i prezzi più bassi d'Europa e non è gran destinazione, ma il mercato cresce. Nel 2018 ci sono state 306 nuove autorizzazioni all'import, a fronte di una trentina di revoche. La fascia C vanta il 74% delle licenze autorizzate contro il 26% della fascia A a carico del Ssn, che ha avuto un incremento fino al 2015 e da allora è soggetta ad oscillazioni. In volumi invece solo un 52% dei 51 milioni di confezioni consumate in 3 anni (al costo medio di 9 euro l'una) ha riguardato la spesa privata e ben il 47,7% si è indirizzato sotto l'ombrello della spesa pubblica in farmacia. Il 55% delle autorizzazioni concesse riguarda prodotti da Spagna, Grecia, Francia e Portogallo. Il 64% interessa 4 categorie: farmaci per il sistema nervoso centrale (19,5% della torta), cardiovascolari (17,5%), gastroenterologici (16,8%), e per l'apparato genito-urinario (10,3%). I più coperti dal Ssn sono inibitori di pompa (+15% nel 2018) ed antipertensivi (calcioantagonisti e betabloccanti, +50!) quindi gli antibiotici, specie fluorchinolonici (+15%). Ibuprofene e pantoprazolo svettano in entrambe le categorie, pubblico e privato, tra i 10 principi più venduti, in un fenomeno che però non arriva all'1% della spesa in Italia. Sei molecole coprono il 75% della spesa convenzionata e 10 il 60% del mercato privato. Antonio Galluccio del settore che in Aifa si occupa di autorizzazioni in commercio, offre altri spunti: si tratta per lo più di farmaci approvati con procedura di mutuo riconoscimento, o dagli enti regolatori di stati membri. In Italia si richiede, sulla base del regolamento Ue 726/04, identico principio attivo ed efficacia ma si ammettono eccipienti diversi. Al momento di autorizzare una confezione in commercio non si cambia il nome, ma solo il marchio, per consentire la riconoscibilità agli utenti. L'Aifa dal 2020 per semplificare permette di presentare domanda di autorizzazione differita e abbrevia l'iter armonizzando i tempi delle procedure autorizzative e di negoziazione dei prezzi.

Esportazioni parallele: bloccare distorsioni del mercato

L'export parallelo - Nel 2014 l'operazione Vulcano scoprì un traffico di medicinali acquistati dal Ssn che transitavano in altri paesi e poi in parte tornavano in Italia; nel 2018-19 sono state attribuite all'export dall'Italia a paesi dove il farmaco era più "ricercato" e costava di più carenze di levodopa+carnidopa per i malati di Parkinson e di altri medicinali per lo più per il sistema nervoso; nel 2019 il decreto legge 35 ha autorizzato l'Aifa a bloccare l'export di farmaci dal nostro Paese in certe situazioni. Ma l'export parallelo è "altro" da questo. L'entità non si conosce ma è modesta. I numeri di tre anni (2016-18) parlano di circa 90 milioni di confezioni uscite dall'Italia per un valore di 2,2 miliardi che però i dati Ame, calcolati con criteri diversi, ridurrebbero a circa 350 milioni, 6 euro per ogni cittadino italiano. «Il Rapporto oggi invece ci consente di iniziare a quantificare l'export parallelo e di spiegare il ruolo dell'import parallelo nel ridurre le carenze», dice Domenico Di Giorgio (Aifa, Ufficio qualità prodotti e contrasto al crimine farmaceutico) che distingue tra export legale ed illegale, cui si indirizza una piccola parte di distributori più spregiudicati. Bene tenere la guardia alta - Di Giorgio ricorda una recentissima indagine che ha permesso di scoprire tra Latina, Milano e la Campania una rete di false prescrizioni per le farmacie e medicinali indirizzati nel Regno Unito ed in Germania - ma anche fare i conti con la realtà, i farmaci in Italia costano obiettivamente poco. Parliamo per lo più di "salvavita", coperti dal Servizio sanitario nazionale: i cardiovascolari, i farmaci del Snc, i gastro-metabolici occupano in ordine decrescente una fetta tra il 17 e il 19% del mercato. Il primo destinatario era il Regno Unito già prima della Brexit (21% del mercato 2016-18) seguito dalla Germania (15%) dall'Olanda (7,5%) Israele (6,8% con crescita del 90% nel 2018!) Grecia e San Marino. Tra i primi 10 principi attivi esportati si segnalano il furosemide, il calcio gluconato ed il magnesio solfato. Ma soprattutto, si evidenzia tra i destinatari la presenza di paesi anche molto poveri: in Italia cioè i farmaci costano poco in rapporto al resto del mondo. Il grosso degli esportatori sono grossisti e depositari di farmaci con una forte prevalenza dei primi in ambito europeo e con un peso crescente nelle destinazioni in particolare dei "nostri" farmaci di fascia H, passati dal Ssn ma dispensati e somministrati prevalentemente negli ospedali. Dall'Aifa si ipotizza l'opportunità di far apporre un sigillo di qualità sui farmaci importati legalmente a cura del Poligrafico dello Stato. Per evitare contraffazioni e garantire qualità al cittadino.
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