apr292021
Covid-19 e Dpi: Italia esporta prodotti sicuri marcati Ce e importa quelli realizzati in deroga
L'importazione dei Dispositivi di protezione individuale nel 2020 ha visto degli incrementi percentuali fino a +1424% rispetto al 2019, come nel caso delle mascherine
L'importazione dei
Dispositivi di protezione individuale, nel corso del 2020 ha visto degli incrementi percentuali fino a +1424% rispetto al 2019, per esempio per le
mascherine, a fronte di un export rimasto debole, segno che il prodotto italiano sicuro marcato Ce viene esportato in Europa, mentre l'Italia importa prodotti realizzati in deroga alle normative e privi della marcatura Ce. Questo il commento ai dati di Assosistema Confindustria, Associazione che rappresenta, tra le altre, le aziende che producono e distribuiscono i Dpi, presentati nell'analisi: "L'impatto del Covid-19 sull'import/export dei Dpi nel 2020". Secondo l'Associazione è ormai "priva di fondamento la logica di autorizzare prodotti non marcati Ce, data la possibilità di poter fare affidamento su prodotti nazionali ed europei regolarmente certificati e conformi agli standard di sicurezza comunitari".
Dati di import/export di guanti, camici e mascherine
L'import dei guanti protettivi nel 2020 è aumentato del +62% sul 2019, per un valore complessivo pari a più di 500 milioni di euro, mentre l'export dei guanti di protezione prodotti in Italia ha registrato un -6% sul fatturato 2019, pari a 106 milioni di euro. Per quanto riguarda gli indumenti di protezione (tute, camici impermeabili, camici chirurgici monouso e riutilizzabili), l'import nel 2020 è aumentato del +127% sul 2019, per un valore totale di circa 595 milioni di euro, mentre l'export è di poco inferiore ai 420 milioni di euro, segnando una contrazione del - 36% rispetto al 2019. Tra le tipologie di Dpi contro il Covid-19, quella per la protezione delle vie respiratorie (FFP2, FFP3 e mascherine chirurgiche), ha maggiormente risentito dell'impatto derivante dall'emergenza sanitaria ma è anche la tipologia di Dpi che ha registrato un andamento anomalo del mercato, a seguito dei provvedimenti normativi. Nel 2020 l'import di Dpi per la protezione delle vie respiratorie ha registrato un +1424% rispetto al 2019 per un valore di 3 miliardi e 178 milioni di euro (con la Cina come Paese dal quale abbiamo importato più prodotti con una percentuale di quasi il 90%), mentre l'export ha registrato un +111% rispetto al 2019, per un valore di oltre 201 milioni di euro.
«Questo significa che il prodotto italiano sicuro marcato Ce viene esportato in Europa, mentre l'Italia importa prodotti realizzati in deroga alle normative e privi della marcatura Ce - commenta
Claudio Galbiati, presidente della sezione Safety di Assosistema Confindustria - tale contraddizione è conseguenza di due provvedimenti governativi tra loro contrastanti. Il decreto Cura Italia a marzo 2020 ha autorizzato l'immissione sul mercato di prodotti in deroga alle normative comunitarie spianando la strada ad una massiccia importazione di Dpi provenienti dai paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina, accompagnati da certificati non regolari, rilasciati da presunti enti ed organizzazioni, non in possesso del dovuto accreditamento in materia di Dpi. Al tempo stesso, l'agevolazione finanziaria di Invitalia di 47 milioni di euro ha stimolato gli investimenti delle aziende italiane che hanno ampliato e riconvertito i propri impianti e stabilimenti per aumentare la produzione di Dpi».
Norma su importazione prodotti in deroga da rivedere
Alla luce di queste statistiche nasce la denuncia dell'Associazione di ritenere ormai priva di fondamento la logica di autorizzare prodotti non marcati Ce, data la possibilità di poter fare affidamento su prodotti nazionali ed europei regolarmente certificati e conformi agli standard di sicurezza comunitari. L'import indiscriminato dei Dpi, oltre a rappresentare un rischio per la salute e la sicurezza di tutti gli utilizzatori, comporta inevitabilmente un peggioramento della situazione di mercato delle aziende italiane ed europee in quanto produce anche una drastica riduzione dei prezzi dei Dpi, impensabili da sostenere per un'azienda italiana o europea. I prezzi fuori mercato, infatti, con i quali vengono commercializzati tali Dpi sono dovuti, perlopiù, al risparmio derivante dalle diverse procedure di verifica della conformità che devono seguire i dispositivi certificati e rispondenti alla normativa di prodotto comunitaria, oltre al risparmio sul reperimento delle materie prime e al costo del lavoro. Dal sito dell'Agenzia delle dogane, dice l'Associazione, "apprendiamo che, da inizio dell'emergenza sanitaria ad oggi risultano essere stati sdoganati Dpi (FFP2 e FFP3) per un numero complessivo pari a 769.410.000. Se si considera che a chiusura 2020, lo stesso dato era pari a 344.579.045, si rileva che, in soli 4 mesi, il dato 2021 di import di Dpi, risulta già aver superato del +120.50% i valori del 2020. «Abbiamo avviato un confronto con la struttura del Commissario straordinario Figliuolo e con il Mise - conclude Galbiati -. E abbiamo chiesto: l'abolizione del processo di autorizzazione in deroga dei Dpi non marcati Ce; un quadro chiaro sui quantitativi dei Dpi necessari al settore sanitario ed industriale per la gestione dell'emergenza ad oggi e per il dimensionamento delle scorte strategiche per il futuro e, infine, un coordinamento delle autorità di sorveglianza ed un rafforzamento dei controlli sui prodotti immessi. Siamo ora in attesa di risposte concrete».