set132012
Crisi, mercato con il segno meno e a risentire sono anche le compravendite
È un altro segnale della difficile congiuntura che sta attraversando la farmacia italiana. Prima era arrivato l’allarme per l’allargarsi delle imprese con la croce verde sottocapitalizzate, ora a suonare è la sirena del mercato immobiliare: da qualche mese la compravendita di farmacie segna lo zero assoluto, nessuno compra e pertanto nessuno riesce a vendere. Non vendono i comuni che cercano di monetizzare con l’alienazione delle loro farmacie e non vendono neanche i privati che, per motivi di età o per tutto quello che sta accadendo, ne avrebbero abbastanza. E dall’altra parte, non comprano i grandi gruppi: tempo addietro si diceva che alla prima crisi le “solite” multinazionali avrebbero fatto manbassa a prezzi di saldo, per il momento non sta accadendo.
Perché? «Fino a qualche anno fa il mercato era vittima di una bolla che teneva i prezzi alti» è il parere di Carlo Boggetto, consulente di Farmatributi, la società di servizi di Federfarma Torino «ora invece è perfino difficile determinarli i prezzi. In teoria viaggiamo su valori pari a 1,5-1,8 annualità di fatturato, ma sono dati che dicono poco: in base ai nostri dati, il mercato della farmacia sta facendo segnare quest’anno -3,6% sul totale e -8% sulla quota Ssn, quindi ha sempre meno senso stimare il valore di vendita sullo storico. Morale, chi vende cerca di stare il più vicino possibile ai vecchi prezzi, chi potrebbe avere interesse a comprare sta fermo perché non sa con quale mercato dovrà fare i conti l’anno prossimo».
Il fatto però, è che la stasi calata sull’immobiliare non aiuta quei titolari che, per varie ragioni, avrebbero maturato la volontà di vendere. «Purtroppo al momento è un’opzione in meno» ammettono Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, commercialisti bolognesi «soprattutto per quei farmacisti che si trovano in una situazione di pre-crisi: ora, per uscire non c’è che la ristrutturazione del debito». E qui, la fotografia è quella già scattata nei mesi scorsi: cresce il numero delle farmacie che non riesce più a stare dietro ai pagamenti. «A Torino e provincia» calcola Boggetto «possiamo dire che è sottocapitalizzato il 30% delle farmacie, ma altrove si arriva anche al 40%». «I titolari che si rivolgono a noi per una ricognizione della loro situazione patrimoniale in vista di un’eventuale ristrutturazione del debito è praticamente raddoppiato in un anno» confermano Tarabusi e Trombetta «ma cifre a parte è vero che i titolari devono accettare la realtà: il mercato della farmacia di oggi non consente più gestioni allegre e disinvolte, quello che esce deve essere sempre commisurato a quello che entra». E comunque, cautela sì ma pessimismo no. «Le farmacie stanno meno peggio di molti altri comparti» ricordano i due «lo dimostra il fatto che con un piano di ristrutturazione o di rientro ben costruito, i titolari possono ancora avere dagli istituti di credito trattamenti migliori di altri settori. A patto ovviamente che siano piani ben costruiti e credibili».