mag222012
Dall’Ici all’Imu, conto salato per i titolari
Il passaggio dall’Ici all’Imu dovrebbe comportare per le farmacie aumenti d’imposta compresi mediamente tra il 70 e il 100%. Un po’ più di quello che si attendono i negozi (che calcolano incrementi medi di quasi il 62%) e un po’ meno di quanto dovrebbero essere costretti a pagare bar e ristoranti, per i quali la Federazione dei pubblici esercizi stima aumenti attorno al 92%.
Rischia di essere salato il conto che arriverà dall’imposta introdotta dal Governo Monti per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013. Questo almeno è quello che dicono le stime degli esperti, da prendere con la dovuta cautela a causa delle numerose variabili in gioco e del fatto che i comuni devono ancora fissare gli incrementi d’aliquota di loro spettanza. In ogni caso, un’idea dell’esborso che aspetta i titolari è già possibile farsela: «Da un’analisi effettuata su un campione di farmacie ubicate in immobili di categoria catastale C1» spiega Marcello Tarabusi, commercialista «si evince che in media le farmacie si troveranno a pagare un’Imu il cui valore si aggirerà tra il 170 e il 200% della vecchia Ici. In alcuni casi però ci saranno esborsi anche maggiori: una farmacia con immobile la cui rendita catastale si aggira sui 4mila euro, per esempio, potrà pagare anche il 300% della vecchia Ici. È vero però che la nuova Imposta sostituisce anche la tassazione sulla rendita catastale, quindi nei fatti il peso del prelievo potrebbe risultare inferiore».
Resta in ogni caso confermato quello che già altri giornali, dal Corriere della Sera al Sole-24 Ore, scrivevano nei giorni scorsi per il più generale comparto del commercio: l’Imu rischia di riscaldare l’inflazione, perché gli incrementi di costo si riverseranno sui prezzi. E i farmacisti, con la fascia A dal prezzo unico e la C che invoca sconti, dove si rivarranno?