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Formazione

22 Settembre 2018

Percorso diagnostico, primo passo l’ascolto


Le nuove linee di indirizzo redatte dagli esperti si propongono di offrire al paziente con malattia del'occhio secco una gestione ideale del problema, a partire da un attento ascolto dei disturbi riferiti. È fondamentale che il medico verifichi la presenza di determinati sintomi, quali bruciore, lacrimazione, prurito, visione offuscata, sensazione di secchezza oculare, sensazione di corpo estraneo, fotofobia, iperemia, difficoltà di apertura delle palpebre. Poiché però si tratta di sintomi simili a quelli riscontrati in altre patologie oculari, per giungere alla diagnosi di occhio secco può essere necessaria l'osservazione del paziente in fase spontanea e la raccolta di specifiche informazioni anamnestiche riguardanti i tempi d'insorgenza dei sintomi oculari e il loro andamento nel corso della giornata.

È inoltre necessario indagare la presenza di fattori in grado di peggiorare il quadro clinico, relativi per esempio allo stile di vita, alle abitudini alimentari, all'esposizione al fumo, al vento, al caldo secco, all'uso di lenti a contatto e all'assunzione di farmaci che possano interferire con la produzione lacrimale; si deve anche verificare l'eventuale presenza di malattie sistemiche in grado di causare secchezza oculare.
Per facilitare la raccolta delle informazioni si può ricorrere ad appositi questionari creati e validati per essere utilizzati nei pazienti con malattia dell'occhio secco; questi strumenti possono rivelarsi molto utili per identificare i fattori aggravanti la condizione e per determinare l'impatto della secchezza oculare sulla qualità di vita del paziente. E non si tratta di un impatto di poco conto: convivere con questo disturbo si riflette negativamente sulla funzione visiva, sullo svolgimento delle normali attività, sulla produttività lavorativa, sulle funzioni sociali. Una ricerca condotta alcuni anni fa in un gruppo di soggetti con sindrome dell'occhio secco di gravità lieve, moderata e severa (Schiffman) ha fornito alcune indicazioni interessanti in questo senso.
Considerando una scala da 0 a 1, dove una salute perfetta equivale a 1, gli autori dell'indagine hanno osservato come i pazienti con disturbo lieve avessero un punteggio di 0,81, peggiore per esempio di quello dei pazienti affetti da psoriasi. Il punteggio per chi soffriva di una forma di gravità moderata era di 0,78, non lontano da quello di 0,75 attribuito ai pazienti con angina moderata. Nei pazienti con forma severa si arrivava a 0,72, analogo a quello dei pazienti affetti da un'angina severa (0,71).

Una volta riconosciuto il disturbo è importante individuare la tipologia di occhio secco di cui soffre il paziente, cosa che può essere fatta grazie all'esecuzione di una serie di test diagnostici specifici che consentono di caratterizzare gli indicatori fondamentali della malattia, vale a dire la composizione e la stabilità del film lacrimale, l'infiammazione della superficie oculare, le alterazioni della congiuntiva e della cornea, la disfunzione palpebrale, la produzione lacrimale, la disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD).
Grazie alle indicazioni fornite dai test diagnostici è possibile definire la natura del problema del singolo paziente. In linea di massima i pazienti rientrano in tre principali tipologie, si tratta dei pazienti in cui il disturbo è riconducibile alla presenza di problemi palpebrali, quali una blefarite o una disfunzione delle ghiandole di Meibomio, alla presenza di una irregolare distribuzione del film lacrimale o a un problema di insufficiente produzione lacrimale.

Schiffman RM, Walt JG, Jacobsen G, et al. Utility assessment among patients with dry eye disease. Ophthalmolmology. 2003;110:1412-1419.

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