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Politica e Sanità

03 Novembre 2017

Catene, competitività da efficienza decisionale ma la partita è su prezzi e servizi


Ci si mettono anche alcune esperienze estere - come quella lituana - a incrementare i timori già diffusi che un ingresso non controllato delle grandi catene di capitale nel mercato distributivo del farmaco rischi di creare oligopoli e di generare un «degrado sanitario». D'altra parte, grandi gruppi e multinazionali sono caratterizzati da efficacia decisionale, solidità finanziaria e patrimoniale, infrastrutture logistiche e tecnologiche avanzate, tutti elementi che le rendono competitive con una partita che non si gioca solo sui prezzi, ma anche sul servizio al cliente, presa in carico e pharmaceutical care. Sono queste alcune delle riflessioni che emergono dal notiziario Assofarm e la risposta, per il presidente Venanzio Gizzi, come scrive nel suo editoriale, è l'aggregazione in gruppi efficienti che possano essere un valido interlocutore anche per le Istituzioni sanitarie. «Le multinazionali di cui temiamo giustamente la concorrenza sono soggetti tanto complessi e potenti quanto monocratici: le decisioni vengono prese dall'alto e calano su tutto l'organigramma aderendovi con grande efficienza. La loro azione sarà competitiva tanto nel servizio al cliente quanto in ogni attività in grado di assicurare maggiore redditività. Non ci eÌ concesso illuderci che i cittadini le giudichino farmacie "meno brave" di noi. Qualità e redditività rafforzeranno una solidità finanziaria e patrimoniale che la farmacia indipendente negli ultimi ha via via perduto. Questa maggiore solidità si tradurrà in prezzi di vendita che le farmacie indipendenti non potranno raggiungere».

E, aggiunge, «non dobbiamo pensare che il mondo dei servizi, tema che alcuni di noi hanno snobbato per anni, possa divenire zona franca dall'avanzata delle grandi catene. Di fronte a noi avremo infrastrutture logistiche e tecnologiche in grado di gestire tutti i servizi di pharmaceutical care, aziende in grado di formare ottimi professionisti della presa in carico del paziente. Se quello dei servizi diverrà un ambito adeguatamente remunerato dal Ssn, le multinazionali se ne accorgeranno». Mentre, «negli ultimi anni non abbiamo saputo dimostrare allo Stato che potevamo aiutarlo nella riforma dei servizi sanitari locali e nel contenimento della loro spesa». Così, continua, «l'unica vera chance per le farmacie indipendenti eÌ quella di aggregarsi in gruppi capaci di riprodurre tutte le efficienze di sistema sopra accennate: certezza decisionale, solidità patrimoniale, efficienza operativa lungo tutto l'organigramma». Per diventare «realtà economico-sanitarie con un potere contrattuale elevato tanto nei confronti dell'industria quanto verso le Regioni» e avere «risorse per fare innovazione e sperimentazione in ogni ambito del nostro lavoro». E lo spunto sembra essere confermato anche da esperienze estere, come si legge in un altro articolo dedicato alla Unione Europea delle Farmacie Sociali, di cui Assofarm ricopre la presidenza: «Nelle settimane scorse L'Unione Europea delle Farmacie Sociali ha ricevuto un vero e proprio Sos da un alto funzionario del Ministero della Salute Lituano». «Nel piccolo paese baltico quasi il 90% delle 1387 farmacie appartiene a una delle tre catene distributive verticali che si sono spartite il mercato del medicinale». Ma il Paese si caratterizza per «un alto utilizzo di assicurazioni sanitarie private», con una «spesa sanitaria privata che costituisce un significativo fattore di impoverimento per le fasce economicamente più deboli della popolazione». Così «per porre rimedio a questa situazione il Ministero della SanitaÌ lituano chiede aiuto alla Uefs per creare una sorta di piattaforma nazionale di farmacie sociali, essenzialmente basato sulla messa in rete di quei 165 presidi indipendenti». Il caso in questione, conclude, «sembra peroÌ dimostrare come l'apertura del mercato distributivo del farmaco alle grandi catene senza che questa operazione sia accompagnata da elementi di bilanciamento anti- cartello, può generare situazioni di grave degrado sanitario».

Da Gizzi poi, nel suo editoriale, parte un appello diretto alle farmacie comunali: «I numeri sono più chiari delle parole: se quasi tutte le farmacie comunali italiane si unissero, avremmo un gruppo di oltre 1.000 punti distributivi sull'intero territorio italiano». E se da un lato le farmacie comunali non partono da zero, ma hanno già esperienze di catene, dall'altro c'è un ulteriore elemento di valore: «Responsabilità Sociale d'Impresa: quell'alleanza etica tra le nostre imprese e i cittadini basata sul fatto che ogni euro speso in una farmacia comunale genera risorse che i comuni impiegano per lo sviluppo locale. Alleanze che dovremo proporre anche ad altri soggetti della grande distribuzione che si rifanno a principi mutualistici e che condividono con noi l'attenzione per il sociale e il territorio».


Francesca Giani

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