Politica e Sanità
13 Giugno 2018Nel dibattito sulla convenienza tra distribuzione diretta e Dpc - in corso da tempo nella categoria e che trova un momento di confronto anche nel tavolo della Sifo - dalla distribuzione intermedia di proprietà dei farmacisti arriva una proposta: «siamo disponibili a rivedere i nostri margini per incrementare la distribuzione dei farmaci nelle farmacie, attraverso convenzionata e Dpc, unici canali in cui la spesa è tracciata e realmente sotto controllo». L'idea è stata lanciata da Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, dalle pagine di F-online, la rivista dedicata alla distribuzione. Punto di partenza «sono i dati sulla spesa farmaceutica del 2017, diffusi di recente dall'Aifa, che ancora una volta mettono in rilievo una convenzionata sotto il tetto - l'avanzo è di 473,3 milioni di euro - e Acquisti diretti, invece, in rosso, con uno sfondamento del tetto di oltre 1,1 miliardi di euro. Siamo convinti che la capacità di monitoraggio e controllo sulla spesa farmaceutica che la filiera tradizionale della distribuzione intermedia e delle farmacie, attraverso la convenzionata e la Dpc, è in grado di garantire possa rappresentare una forma di salvaguardia per le casse pubbliche. Per questo, siamo pronti a sederci a un tavolo con le istituzioni per studiare soluzioni di governance e siamo disposti a ridiscutere margini e agi per la distribuzione di questi prodotti» anche per fare in modo che «la distribuzione dei farmaci attraverso le farmacie venga aumentata».
D'altra parte, un tema è anche «l'assenza di sprechi della filiera tradizionale. Se con la Distribuzione diretta si tende a coprire un più lungo periodo di tempo di terapia al cittadino, attraverso la filiera tradizionale viene ritirato solo il quantitativo di volta in volta necessario». Senza contare poi «l'importante capitolo dell'aderenza alla terapia che in un sistema capillare, disponibile h24 e 7 giorni su 7 quale quello delle farmacie di comunità» trova una cassa di risonanza. Una posizione che era stata sottolineata, qualche giorno fa, anche da Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, in un recente editoriale: se la diretta «genera risparmi sulla spesa farmaceutica», lo fa «riversando sul cittadino i costi distributivi».
Ma nel momento in cui si chiede alle Asl di dare priorità ai bisogni dei cittadini e non solo alle casse, anche dalle farmacie territoriali deve essere messo in campo un impegno analogo: «la remunerazione in nome e per conto dovrà essere decisamente rispettosa dei problemi e limiti in cui versa la risorsa pubblica, che in fin dei conti è generata dal cittadino». Da parte di Federfarma, come si legge sempre su F-Online, viene ribadito che, se «tutto quanto passa dalla farmacia è immediatamente disponibile al cittadino e tracciato in tempo reale», afferma il presidente Marco Cossolo, «laddove sia praticabile in termini clinici e sanitari, la Dpc può essere uno strumento utile, oltre che per il cittadino, per controllare la spesa». È anche alla luce di questo principio, continua Cossolo che «abbiamo fatto una proposta al tavolo della Sisac, dove è in corso la discussione per il rinnovo della convenzione, per una omogeneizzazione a livello nazionale in termini di prodotti dispensati - con una sorta di prontuario della Dpc - e un ripensamento del margine». Una proposta che parte e valorizza «l'atto professionale del farmacista», quantificato in termini di tempo, e «si struttura in due livelli: una base comune a tutti e un secondo livello che possa essere negoziato con le Regioni. Si tratta, quindi, di ripensare il margine perché sia equo e correlato all'importanza dell'atto professionale, parta da una base omogenea ma sia in grado di tener conto delle peculiarità e delle difficoltà delle singole regioni». Da parte nostra, «riteniamo tale piattaforma un punto di partenza ragionevole per portare i farmaci in farmacia, laddove possibile da un punto di vista sanitario».
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