mag102017
Emicrania, farmaco innovativo efficace nella prevenzione
Il trattamento con erenumab, anticorpo sperimentale completamente umano che inibisce il recettore del peptide correlato al gene della calcitonina (Cgrp), può ridurre la frequenza dell'emicrania episodica senza il profilo di effetti collaterali comunemente riscontrato con altri farmaci antiemicranici. Lo evidenziano due studi di fase 3, "Strive" e "Arise", i cui risultati sono stati esposti a Boston, nel corso del meeting annuale dell'American academy of neurology (Aan).
Nel trial Strive, 995 pazienti sono stati randomizzati a uno di tre gruppi: erenumab sottocute (sc) 70 mg (n=317; 85% donne; 85% caucasici; età media: 41,1 anni), erenumab sc 140 mg (n=319; 85% donne; 92% caucasici; età media: 40,4 anni) o gruppo placebo corrispondente per caratteristiche fisiche. I parametri di valutazione comprendevano gli score "Physical Impairment" e "Impact on everyday activities" sul "Migraine physical function impact diary" (rispettivamente: Mpfid-Pi e Mpfid-Ea). I gruppi erenumab 70 e 140 mg hanno fatto registrare riduzioni rispettivamente di 3,2 e 3,7 giorni mensili di emicrania (Mmd) dal basale alla 13ma e alla 24ma settimana contro una riduzione di 1,8 giorni del gruppo placebo (P <0,001 in entrambi i confronti). Inoltre, il 43,3% e il 50% dei pazienti in trattamento attivo hanno avuto un calo pari o superiore al 50% di Mmd contro il 27% del gruppo placebo (Or: 2,13 e 2,81). Nel medesimo ordine, si sono rilevate diminuzioni di 1,1, 1,6 e 0,2 giorni per l'uso di farmaci specifici per l'emicrania (P <0,001 in tutti i confronti). I pazienti trattati con le dosi da 70 e 140 mg hanno avuto anche miglioramenti di 4,2 e 4,8 punti sul Mpfid-Pi rispetto a 2,4 punti del gruppo placebo e di 5,5 e 5,59 punti contro 3,3 punti, rispettivamente, sul Mpfid-Ea (P <0,001 in tutti i confronti). Il tasso di eventi avversi (Ae) è apparso invece simile tra i gruppi, con il 2,5%, l'1,9% e il 2,2% che hanno riportato Ae gravi. Gli Ae più comuni sono stati nasofaringiti e infezioni delle alte vie respiratorie. Peter Goadsby, docente di neurologia all'Università di California, a San Francisco, e autore principale dello studio, dopo avere ricordato che «il Cgrp gioca un ruolo importante nella fisiopatologia dell'emicrania», ha sottolineato i punti di forza del farmaco. «I due gruppi trattati con erenumab hanno avuto entrambi una maggiore riduzione di giorni di trattamento dell'emicrania e miglioramenti superiori in termini di punteggi circa l'indebolimento fisico e le attività di ogni giorno».
Di rilievo, ha aggiunto, è poi «l'assenza di differenze significative tra farmaco attivo e placebo in termini di Ae gravi o non gravi». Infine, ha sottolineato, considerando che l'emicrania è la maggiore causa di disabilità per problemi neurologici in tutto il mondo, è rilevante avere a disposizione per la prima volta un farmaco specifico per la prevenzione degli attacchi e che, per la sua sicurezza, può essere assunto cronicamente. Nel trial Arise, 577 pazienti (media Mmd al basale: 8,3) sono stati randomizzati a un trattamento mensile con erenumab 70 mg (n=286; 85,7% donne; 90,6% caucasici; età media: 42,3 anni) o placebo (n=291; 84,9% donne; 89,0% caucasici; età media: 42,2 anni). Lo studio ha dimostrato che il gruppo in trattamento attivo, rispetto al gruppo placebo, ha avuto: 1) una riduzione di 2,9 giorni vs 1,8 giorni in Mmd dal basale alle settimane da 9 a 12 di trattamento (P <0,001); 2) un tasso di gruppo del 39,7% vs 29,5% per una riduzione pari o superiore al 50% di Mmd (Or: 1,6; P=0,01); 3) una riduzione di 1,2 vs 0,6 giorni di impiego di farmaci specifici per l'emicrania acuta (P =0,002). Non ci sono state in questo caso differenze statisticamente significative tra i gruppi come miglioramento dei punteggi sul Mpfid-Pi o Mpfid-Ea. Ae di qualsiasi tipo sono stati riportati dal 48,1% dei pazienti trattati con erenumab e dal 54,7% di quelli trattati con placebo (Ae gravi: 1,1% vs 1,7%). Infine, il 6,4% rispetto al 4,8% ha riportato infezioni delle vie respiratorie superiori, il 6,0% vs il 4,2% dolore nel sito di iniezione e il 5,3% vs 5,9% ha riportato nasofaringite. È stato sottolineato al meeting Aan che l'anticorpo monoclonale utilizzato sia in Strive sia in Arise è, a differenza di altri, recettore-specifico e ciò non fa pensare vi siano implicazioni relative a effetti collaterali a lungo termine. Goadsby si è poi detto convinto che, sulla base dei risultati dei due trial, l'Fda approverà il farmaco, e che sarebbe sorpreso se non fosse adottata la procedura 'fast-track'.
(A.Z.)