Più di 200 composti classificati come "geroprotettori" potrebbero essere in grado di ritardare l'insorgenza di molte malattie legate all'età e di aumentare la resilienza negli anziani, secondo quanto afferma un articolo pubblicato su Nature. «Con il 22% della popolazione mondiale che sarà composta da persone di età superiore a 60 anni entro il 2050, tali medicinali potrebbero essere cruciali nell'aiutare ad arginare una crisi incombente di assistenza sanitaria» dice Ilaria Bellantuono, della University of Sheffield, prima autrice del documento. La ricerca effettuata nei topi negli ultimi anni suggerisce che farmaci come la rapamicina, la metformina o i senolitici possano rallentare lo sviluppo di cataratta, osteoartrosi, osteoporosi e la perdita di massa muscolare, e siano in grado di migliorare la funzione cardiaca. Perché questi farmaci possano ottenere un riconoscimento dalle autorità ed essere utilizzati nelle persone, però, gli autori individuano tre grandi passi che devono essere fatti dalla comunità scientifica nel suo insieme.
Il primo riguarda la troppa diversità di significati di termini chiave. Per esempio, alcuni ricercatori usano il termine multimorbilità per descrivere la co-presenza di due malattie, alcuni di cinque, altre di tredici, e così via. Questo rende particolarmente difficile confrontare gli studi e stabilire quali patologie abbiano maggiore possibilità di verificarsi insieme. Nell'articolo si propone di valutare quali siano le cinque o dieci malattie più onerose negli anziani, quale di queste sia più probabile riscontrare in associazione, i tempi di sviluppo di ogni malattia rispetto alle altre nel gruppo, e i percorsi associati alla loro patogenesi comune.
Non c'è consenso neppure sulla definizione di fragilità, né ci sono valutazioni standardizzate della stessa, anche se i clinici e i ricercatori sono generalmente d'accordo sulla sua utilità come termine clinico. Per definirla, infatti, alcuni si basano su caratteristiche tra cui debolezza, lentezza, bassi livelli di attività fisica, esaurimento auto-riferito perdita di peso e non intenzionale, mentre un approccio più quantitativo tenta di valutare l'accumulo di deficit, come la perdita dell'udito e la demenza, per costituire un "indice di fragilità". Il secondo problema da risolvere è che, attualmente, per risparmiare tempo e denaro, gli scienziati usano topi giovani per sviluppare modelli delle malattie delle persone anziane. In questo modo, tuttavia, gli effetti dell'invecchiamento cellulare sulla progressione della malattia raramente vengono presi in considerazione. Qualcosa in questo senso già si muove, con la proposta di modelli di multimorbilità che utilizzano determinati ceppi in cui il processo di invecchiamento è accelerato, come topi con delezione di un gene che si occupa della riparazione del danno al DNA.
Il terzo punto visto come problematico riguarda la scelta dei fattori da misurare quando si valutano gli effetti dei medicinali negli studi, con gli autori che sottolineano quanto possa essere utile dare la priorità a quelli che segnalano un beneficio tangibile per i pazienti, perché questo faciliterà l'approvazione richiesta per testare i geroprotettori in un contesto clinico. Per esempio, misurare l'abilità di una persona a camminare per 400 metri è preferibile alla misurazione della massa muscolare, e verrà meglio accettato come obiettivo dalle autorità regolatorie.
Nature 2018. Doi: 10.1038/d41586-018-01668-0