nov242016
Farmacie a rischio chiusura, Grubissa: Dpc usata come ruota di scorta
Su 72 farmacie private, oltre una decina hanno dovuto cambiare la titolarità per cercare di sopravvivere. Il fatturato è calato del 15% negli ultimi cinque o sei anni, e del 3% solo nei primi otto mesi del 2016. Succede in provincia di Belluno e a denunciare la situazione è il presidente della Federfarma provinciale e segretario di Sunifar Roberto Grubissa. Una situazione «in gran parte imputabile all'utilizzo sfrenato della distribuzione diretta - afferma Grubissa parlando con
Farmacista33 - Qui l'accordo sulla dpc viene usato solo come "ruota di scorta", per tamponare quelle situazioni in cui la distribuzione diretta non arriva».
L'errore più grosso su questo fronte, secondo Grubissa, sarebbe stato quello di focalizzare l'accordo sul rimborso dei farmaci al pezzo, senza mai concentrarsi sul numero di pezzi nelle diverse province: «È stato trascurato questo aspetto e la Regione se ne è approfittata - afferma - Nell'accordo si parla di un numero di pezzi definito a livello regionale, ma la provincia di Belluno è piccola, dunque il fatto che qui venga fatta una diretta così forte, non viene percepito a livello regionale perché lì la differenza la fanno le province grandi». Nei piccoli paesi, la cui popolazione è rappresentata principalmente da anziani e malati, il disagio creato al paziente dall'applicazione di questa policy è ancora più rilevante. «Perché far fare al paziente 20 o 30 chilometri per andare a prendere la scatoletta in ospedale ad orari e giorni prestabiliti quando c'è la farmacia in paese? Questo non lo capisco» afferma Grubissa. In questi contesti il ruolo di presidio sanitario della farmacia trova la sua massima applicazione, se lo Stato lo concede. «Bisognerebbe cercare di tutelare le piccole realtà - afferma Grubissa - I paesi sono poveri, non ci sono giovani, e ancora mandiamo quei pochi pazienti che ci sono a prendere le scatolette in ospedale? Oltre al disagio causato al cittadino, ma di cosa devono vivere i farmacisti che lavorano in queste strutture? La farmacia va fatta lavorare altrimenti poi chiudono».
Tra le farmacie in difficoltà c'è quella di Fusine, dove i cittadini hanno iniziato una raccolta firme per fare in modo che l'amministrazione sostenga il presidio. «Quest'anno ha fatto un buco da 20-30 mila euro quindi non ce la fa a restare aperta - spiega Grubissa - per altre farmacie c'è un turnover elevato e vengono vendute ogni 2 o 3 anni: i colleghi arrivano, fanno un po' di pratica, poi dopo si trovano a disagio perché qui viviamo in aree fuori mano, senza servizi, le entrate sono quelle che sono, e se ne vanno». Dunque, se da una parte - seppur con estrema lentezza - lo Stato assegna farmacie attraverso i concorsi, dall'altra le politiche locali mettono in seria difficoltà chi vorrebbe avviare queste attività. «So già che tanti colleghi, soprattutto gli ospedalieri che in media hanno degli stipendi elevati (90/100 mila lordi l'anno), rinunceranno alla sede vinta - afferma Grubissa - d'altra parte perché investire dei soldi e rischiare di perderli per guadagnare, se tutto va bene, forse uno stipendio, con i turni di notte e tutte le incombenze che hanno i farmacisti che lavorano in queste aree. Quando ci sono le grosse nevicate e i paesi rimangono isolati - aggiunge - a portare le scatolette ai pazienti, insieme alla protezione civile, sul gatto delle nevi, siamo noi. E questo succede in tutti i territori con particolari caratteristiche, da quelli soggetti ad alluvioni ai paesi di montagna e così via».
Attilia Burke