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Politica e Sanità

27 Gennaio 2017

Farmacie grossiste, gli esperti: norma ambigua ma non vieta passaggi interni di farmaci


Le sentenze della giustizia amministrativa continuano ad alimentare il dibattito sulla legittimità o meno dell'attività di grossista esercitata dalle farmacie, l'ultima, ma solo in termini di tempo perché altre sono attese, per esempio in Lombardia (Tar Brescia), è del Tar Sicilia-Catania, che dà ragione al farmacista-grossista ricorrente raggiunto da una nota dell'Asp di Messina che lo diffidava "dal vendere medicinali acquistati con il codice identificativo della farmacia a distributori all'ingrosso o ad altre farmacie". In molti concordano che la sentenza non sarà dirimente sulla questione, tutt'altro, ma a far notare, più che la «contabilità delle sentenze favorevoli o contrarie», le «forzature» che emergono nel dibattito è l'avvocato Claudio Duchi dello Studio Legale Cavallaro Duchi Lombardo -Osservatorio Iusfarma.

L'esperto invita a focalizzare l'attenzione sul fatto che a essere contestato è il comportamento specifico «dell'acquistare medicinali con il codice univoco della farmacia per poi trasferirli con un documento di trasporto (Ddt) nel loro distinto magazzino grossista dal quale, da ultimo, i medicinali vengono venduti secondo le modalità proprie del grossista e verso i destinatari che la legge individua per il commercio all'ingrosso». In quest'ultimo caso, il Tar Sicilia (sentenza n. 144/2017) dopo aver riesaminato la questione su richiesta del Cga, «sulla scorta dell'orientamento già manifestato dal Tar Lazio, ha osservato che questo comportamento non è vietato da alcuna norma, considerazione ineccepibile se solo si considera che il trasporto dei medicinali da un magazzino all'altro dello stesso soggetto non può certo considerarsi una vendita ma soltanto il trasferimento dalla sua mano destra alla sua mano sinistra, iniziativa che il legislatore non si è ad oggi sentito di vietare non si sa se per negligenza o per timore di cadere nel paradosso».

I giudici catanesi, precisano anche che la posizione del Tar Lazio è "maggiormente avvalorata" dal testo condiviso tra associazioni di categoria e istituzioni lo scorso 8 settembre in quanto "atto di natura pattizia teso ad introdurre (fra i sottoscrittori) una disposizione che pone alcuni divieti comportamentali, proprio sull'implicito presupposto della mancanza di siffatta prescrizione nell'ordinamento generale". Secondo l'avvocato Duchi, quindi, la questione non si risolve con delle «forzature», vietando il trasporto dal magazzino della farmacia al magazzino grossista, «non implicando ciò alcun atto di commercio» o condannando la "sovrapposizione" del ruolo e dell'attività della farmacia e del grossista, in quanto le farmacie grossiste «non hanno mai esercitato tale sovrapposizione, né i Tribunali amministrativi che ne hanno riconosciuto le ragioni l'hanno mai legittimata, per il semplice fatto che il comportamento contestato non dà vita ad alcuna sovrapposizione non realizzando né l'attività tipica della farmacia di vendita al pubblico né l'attività tipica del grossista di vendita all'ingrosso». Il problema sembrerebbe essere a monte, stando al commento di Maurizio Cini docente della facoltà di Farmacia dell'Università di Bologna, e cioè «nella normativa contenuta nel decreto legislativo 219/06, senz'altro potenzialmente ambigua».

E spiega: «La normativa non vieta in maniera esplicita la procedura oggetto di contestazione, ma al divieto si può ugualmente giungere da una corretta attuazione della normativa di cui all'art. 104 del 219/06». Secondo Cini «si continua a "rimestare" in una materia, per certi versi più che chiara, tanto per permettere comportamenti tesi ad allungare la sopravvivenza di un'attività che crea solo danno ad un corretto e trasparente servizio farmaceutico».

Possibile via di uscita, secondo Cini «la modifica della legge in materia di separazione. Si potrebbe contare sulla separazione fisica delle due attività che potrebbero svolgersi solo in locali nettamente separati e sotto la responsabilità di persone diverse, come il direttore di farmacia e la "persona responsabile" del magazzino all'ingrosso». Oppure, come propone l'avvocato Duchi spostare l'attenzione una questione che «non è mai stata affrontata anche solo per confutarne il fondamento: le aziende farmaceutiche privilegiano una propria rete di grossisti ed in questo modo costringono le farmacie grossiste ad acquistare come farmacie anziché come grossisti per poter essere competitive nella distribuzione intermedia. In questo modo l'industria mostra di ignorare che il grossista di medicinali svolge un pubblico servizio e che perciò la sua discriminazione commerciale è contraria al pubblico interesse. Nella vicenda, dunque, accanto alle troppe cose dette vi è anche molto di non detto».


Simona Zazzetta

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