In Italia, la figura del nutrizionista non è inquadrata normativamente in un preciso profilo nutrizionale e sarebbe ora che il Ministero della Salute e Parlamento mettessero fine alla confusione che regna nel campo delle professioni competenti nella elaborazione delle diete modificando innanzitutto l’art. 102 del R.D. n. 1265/1934 (TULLSS) e permettendo ai farmacisti il cumulo soggettivo di professioni come il biologo nutrizionista ed il dietista. Vedi anche i Forum di Farmacista33 intitolati “FARMACISTA NUTRIZIONISTA, VALORIZZARE COMPETENZA SENZA INFRANGERE LE REGOLE” e “CUMULO PROFESSIONI: FARMACISTI BIOLOGI NUTRIZIONISTI? I PALETTI FISSATI E LE QUESTIONI IRRISOLTE”.
Purtroppo, in Italia, sono ormai diversi anni che individui privi delle necessarie qualifiche ed abilitazioni professionali si millantano “nutrizionisti”, sui siti web e non solo, tanto che è dovuta intervenire l ’Autorità Garante della concorrenza e del mercato. Questa Autorità, adunanza del 21 giugno 2017, ha sottolineato la possibile ingannevolezza della qualifica di “nutrizionista” e che per tale qualifica, in Italia, si deve precisare se si è iscritti all’Ordine dei Medici e Chirurghi e degli Odontoiatri o, in alternativa, all’Ordine Nazionale dei Biologi.
Il Consiglio Superiore di Sanità, sez. II, con parere del 15 dicembre 2009, ha affermato che un farmacista, può definirsi “nutrizionista” solo se è specialista in Scienza dell’Alimentazione. Il paradosso, che ritroviamo nello stesso parere, è che definisce il “nutrizionista” come colui che può prescrivere interventi nutrizionali, fino alla nutrizione parenterale, dimenticando che, in Italia, una specializzazione non è un titolo abilitante. L’abilitazione deriva dall’iscrizione all’ordine professionale, tale appartenenza conferisce una determinata competenza professionale. Non mi risulta, ad oggi, che il farmacista abbia tra le sue competenze la possibilità di elaborare diete. Infatti, passando in rassegna il profilo professionale del farmacista che deriva dalle leggi e dall’esame di stato, dall’ordinamento didattico universitario del corso di laurea in farmacia e dal codice deontologico, non ritroviamo traccia della possibilità di elaborazione delle diete/piani dietetici personalizzati/programmi nutrizionali.
Quindi, come non esiste una norma che vieti al farmacista di “esprimersi in termini ponderali e calorici nelle consulenze nutrizionali”, non esiste nemmeno una norma che consenta tale atto professionale, molto simile all’elaborazione di una dieta, che invece è una competenza legittimamente normata di altre professioni sanitarie. Se, per una professione A un determinato atto professionale non è esplicitamente previsto, né vietato, mentre per un’altra B è previsto dalla normativa, mi chiedo: “quando A compie atti professionali di B, non sconfina nel reato di abuso di professione come previsto dall’art. 348 del codice penale italiano??”.
Lo stesso esempio portato in questo articolo è una libera interpretazione che lascia adito a parecchi dubbi. Un cliente-paziente che entra in farmacia, a banco, dovrebbe trovare un farmacista che, in cinque minuti (per essere larghi), sempre che il titolare/direttore permetta un lasso di tempo così elevato per servire un cliente, sia in grado di fare quello che in uno studio di nutrizione, richiede un tempo variabile da cinquanta minuti a due ore, se esercitato in scienza e coscienza. Le domande nascono spontanee, innanzitutto, come fa il farmacista a valutare tanto velocemente “l’introduzione alimentare giornaliera”? È un indovino? Normalmente questa valutazione viene fatta tramite attenta analisi delle abitudini alimentari mediante, lo studio della storia dietetica, di un diario alimentare (la cui composizione calorica e bromatologica andrebbe indagata) e la somministrazione di specifici questionari. Poi, secondo l'articolo, il farmacista sarebbe in grado di valutare, in tempi record, il fabbisogno o dispendio proteico ed energetico di uno sportivo, senza una normale valutazione della composizione corporea (antropometrica, bioimpedenziometrica, adipometrica o tramite dexa) e/o senza una metabolimetria indiretta o un holter metabolico. Già è difficile fare una cosa simile per un soggetto sedentario sano, figuriamoci poi per un atleta! Infine, rapidamente, il farmacista sulla base di quanto è riuscito a prevedere tramite valutazione ad occhio e rapido colloquio, riuscirebbe, in scienza e coscienza, a proporre l’eventuale integrazione, fissarne le quantità e il timing di somministrazione. Quindi è presumibile che, nel frattempo, sia riuscito a fare un’attenta analisi del diario di attività fisica/allenamento. Secondo la mia personale esperienza stiamo parlando di fantascienza. Quando un cliente entra in farmacia, il farmacista a banco, dopo un rapido colloquio, se competente in materia, riesce a dare un rapido consiglio sul prodotto da acquistare e fornisce un dosaggio e un timing di somministrazione che nella stragrande maggioranza dei casi è quello consigliato in etichetta o nei depliants della ditta produttrice. Eventualmente, qualcuno particolarmente preparato, riuscirà a dare informazioni supplementari nell’ambito dell’Evidence Based Nutrition and Supplementation, ma, con i normali tempi di contatto tra cliente e farmacista, è difficile che la vendita dell’integratore assuma un andamento diverso.
Un farmacista che decidesse veramente di approcciare il cliente nelle modalità definite nell'articolo, dovrebbe per forza di cose fare attività di studio nutrizionale, uguale a quella esercitata autonomamente dal biologo nutrizionista o, dietro adatta prescrizione medica, dal dietista. È chiaro che se il farmacista esercita una attività di studio nutrizionale, sia i biologi, sia i dietisti, ma soprattutto i rispettivi ordini, non credo che rimangano a guardare, sempre che esercitino un’adeguata vigilanza. Non credo sia prudente tentare di sovrapporre o invadere le competenze di altri ordini professionali, anche perché, dopo, chi impedirà ad altri ordini sanitari di chiedere di dispensare farmaci al banco di una farmacia o di preparare/allestire forme farmaceutiche medicinali nel laboratorio galenico? Con l’accordo collettivo nazionale sempre in bilico, quanto conviene all’istituzione farmacia andare contro gli altri ordini sanitari?
Il prototipo del “farmacista nutrizionista” esisteva fino al 15 febbraio 2017, è il farmacista e biologo nutrizionista, che metteva d’accordo tutti. Basterebbe modificare il citato art. 102, per evitare inutili contrasti e guerre di professioni in ambito nutrizionale. Ricordo che il progetto “Farmacista collaboratore e biologo nutrizionista”, in occasione dell’edizione di FarmacistaPiù 2017, ha ricevuto il premio all’innovazione nella professione del farmacista “Renato Grendene”.
Sinceramente, come farmacista, mi auguro anche io che, un giorno, nasca una figura di “farmacista-nutrizionista” opportunamente normato, che preveda una opportuna implementazione del curriculum studiorum e che possa essere abilitato, certificato ed autorizzato all’elaborazione delle diete senza essere costretto ad iscriversi ad un altro ordine professionale. Tuttavia questo mio suggerimento, reso pubblico già nel 2016, non dovrebbe essere generalizzato a tutti i farmacisti, per il semplice fatto che andrebbe a scapito della salute pubblica. Infatti, la grande maggioranza dei farmacisti sono molto competenti sul farmaco ma mancano di opportuna preparazione in ambito alimentare e nutrizionale. Inoltre, se oggi diventare nutrizionista prevede per il farmacista una specializzazione di quattro anni o la laurea magistrale in scienza dell’alimentazione per diventare biologo nutrizionista, non si capisce il perché, con un corso minore, di perfezionamento o master, un farmacista dovrebbe essere abilitato a fare diete. Vorrei far notare che in Italia ci sono centinaia di farmacisti laureandi o laureati magistrali in scienza della nutrizione o in possesso di specializzazione in scienza dell’alimentazione, che potrebbero essere già operativi come “Farmacisti-nutrizionisti”.
Le libere interpretazioni date dal dr. D’Amore della sentenza di Cassazione penale, sezione VI, 28 aprile 2017, n. 20281, in questo articolo, come in altri pubblicati nel passato, temo che possano portare ad errore di interpretazione da parte dei colleghi farmacisti. Tale interpretazioni potrebbero indurre comportamenti professionali a rischio di abuso di professione, di biologo nutrizionista o dietista, da parte dei colleghi un pochino più sprovveduti dal punto di vista normativo ed etico-deontologico.
Credo sia opportuno che il legislatore (Ministero della Salute, Parlamento, ecc.) intervengano immediatamente a mettere ordine e a regolamentare al meglio il settore della nutrizione. Innanzitutto, permettendo il cumulo delle professioni sanitarie per il farmacista (ovviamente tranne quelle che prescrivono farmaci etici), onde evitare sovrapposizioni di competenze professionali. Io credo che questo sia il primo e vero atto per legittimare la figura del “farmacista nutrizionista” che di fatto sarebbe già un modello normato. Tramite opportuni interventi normativi, si potrebbe poi legittimare anche all’interno della professione del farmacista, uno specialista della nutrizione, purché venga fatto con dei paletti di formazione di elevato livello accademico e con una abilitazione specifica, a tutela della salute pubblica. La dietetica è storicamente una branca della medicina pratica, definita una dei tre rimedi curativi della stessa, insieme alla farmacia e alla chirurgia. La farmacia ha preso una strada evolutiva ben separata dalla dietetica che, a partire dalla fine dell’ottocento si è evoluta con altre figure professionali oltre a quella del medico, ma diverse da quella del farmacista. Quindi la dietetica va vista ormai come una branca nobile e a sé stante della medicina, dove dovrebbero essere convogliate solo figure con un alto profilo formativo, a prescindere dalla professione sanitaria da cui derivano. Oggi, la dietetica e la nutrizione sono discipline medico-scientifiche che richiedono una elevata e specifica preparazione con un continuo aggiornamento.
A conclusione del mio intervento, mi auguro, che vengano definite con atti normativi e non tramite semplici pareri di organi consultivi, una volta per tutte, le competenze specifiche dei vari atti professionali legati alla nutrizione e che vengano definiti gli stessi atti professionali in modo da delimitare i confini dell’abuso di professione, visto che gli unici a beneficiare dell’attuale caos e delle lacune normative potrebbero essere solo gli incompetenti, i furbi e gli azzeccagarbugli.