lug192013
Gli alimenti “esotici” e il rischio di tossinfezione
La tendenza a viaggiare, per lavoro e per piacere, maggiore che in passato, o anche la curiosità verso abitudini alimentari di paesi lontani, hanno fatto crescere il consumo di cibi che, in particolari condizioni, possono essere veicolo di agenti patogeni.
Le tossinfezioni alimentari, malattie trasmesse da alimenti contaminati, sono in costante ascesa in tutti i Paesi industrializzati, per le nuove scelte alimentari dei consumatori e per l’intensificarsi degli scambi commerciali. Per i viaggiatori il Ministero della Salute ha emesso un decalogo che suggerisce una serie di precauzioni:
- informarsi bene sul paese in cui ci si sta recando per l’eventualità di eseguire vaccinazioni;
- non consumare mai alimenti poco cotti o crudi (carni, pesce, uova);
- lavarsi bene le mani prima di toccare i cibi;
- non consumare frutta e verdura se non appena sbucciata o pulita;
- preferire sempre acqua in bottiglie chiuse.
I ceppi batterici conosciuti sono più di 250, ma ogni anno ne vengono caratterizzati di nuovi; sono i cosiddetti batteri emergenti come Campilobacter jejuni, Escherichia coli 157:H7, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica. Le tossinfezioni più comuni sono causate da batteri patogeni o da virus (es. norovirus) e protozoi, responsabili, questi ultimi, di gastroenteriti caratterizzate dalla stessa sintomatologia delle forme di origine batterica. Tutti questi organismi sono veicolo di infezione perché possono contaminare l’acqua e gli alimenti, dove trovano le condizioni per moltiplicarsi, producendo talvolta tossine. Le cause sono spesso attribuibili alle scarse condizioni igienico-sanitarie in cui i cibi vengono preparati (es. uso di acqua contaminata per irrigazione dei campi, misure di controllo inadeguate), conservati (temperature non idonee) e anche distribuiti (scarsa igiene dell’operatore).
La sintomatologia
I primi sintomi possono verificarsi nei giorni (o nelle ore) successive al consumo dell’alimento contaminato. Ad essere coinvolto è solitamente l’apparato gastroenterico con nausea, vomito, crampi addominali e diarrea. Nei casi in cui i batteri si siano diffusi anche nel sangue possono comparire febbre e brividi. Per molte di queste infezioni non esiste una cura specifica e il disturbo tende a risolversi spontaneamente, ma necessita comunque di attenzioni particolari per evitare complicanze. Il ricorso ad antibiotici nel caso di infezioni batteriche, può essere valutato nei casi più seri. Per tutti e in particolare per i soggetti più sensibili come bambini, anziani, cardiopatici o immunodepressi, infatti, è importante che i liquidi e gli elettroliti persi siano restituiti all’organismo; la somministrazione di alcuni ceppi di batteri probiotici invece, può aiutare a ristabilire il corretto equilibrio della microflora intestinale.
La diarrea del viaggiatore
Generalmente si manifesta entro la prima settimana, ma non è raro che possa verificarsi anche al ritorno dal viaggio. Le destinazioni che espongono ad un rischio maggiore sono l’America Latina, l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia. È causata nella maggior parte dei casi, da batteri enteropatogeni, come Giardia lamblia o Campylobacter (ma anche virus e parassiti enterici). Nell’80% dei casi il batterio responsabile è l’Escherichia coli (Etec) che provoca una diarrea acquosa, aumento del volume delle feci e della frequenza, associata a nausea, crampi e talvolta febbre. Può risolversi da sola entro una settimana (90% dei casi) o in un mese (98%). Alcuni ceppi di batteri probiotici come Saccharomyces boulardii, Lactobacillus rhamnosus GG, Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus bulgaricus, usati da soli o in combinazione si sono rivelati utili per prevenire il disturbo in una buona percentuale dei casi di viaggiatori.
EpiCentro
Ministero della Salute
Sazawal S et al.Lancet Infect Dis 2006; 6: 374–82
Francesca De Vecchi - specialista in scienze dell’alimentazione