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gen152016

Gli inibitori di pompa accrescono il rischio di malattia renale cronica

Gli inibitori di pompa accrescono il rischio di malattia renale cronica
Secondo i dati di uno studio osservazionale pubblicato su Jama Internal Medicine, l'uso di inibitori della pompa protonica si associa a un aumento del rischio di sviluppare malattia renale cronica incidente. «Gli inibitori di pompa sono tra i farmaci più utilizzati a livello mondiale, ma sono ancora poche le informazioni disponibili sul legame tra il loro utilizzo e la nefropatia cronica» esordisce Benjamin Lazarus della Johns Hopkins University di Baltimora e primo autore della ricerca Atherosclerosis Risk in Communities, che ha coinvolto poco meno di 10.500 partecipanti di età media pari a 63 anni e senza malattia renale cronica al momento dell'arruolamento. «Abbiamo seguito i partecipanti per un follow-up mediano di 13,9 anni» spiega il ricercatore, precisando che i dati ottenuti sono stati confermati anche in una coorte più ampia composta da 248.751 persone seguite invece per un periodo mediano di 6,2 anni. Lazarus e colleghi hanno utilizzato diversi approcci statistici e hanno confrontato gli effetti in termini di malattia renale cronica non solo tra pazienti utilizzatori e non utilizzatori degli inibitori di pompa, ma confrontando anche utilizzatori di questa classe farmacologica con chi invece era in trattamento con inibitori del recettore H2.

«Dopo aggiustamento per variabili demografiche, socioeconomiche e cliniche, l'utilizzo di inibitori della pompa protonica è risultato associato a un aumento del 50% del rischio di nefropatia cronica rispetto al non uso» afferma l'esperto, precisando che risultati simili sono stati ottenuti con i diversi metodi utilizzati e anche nella coorte più ampia utilizzata come controllo. «Abbiamo anche notato che il rischio rispetto ai non utilizzatori aumenta in modo dose-dipendente e risulta più alto per chi assume gli inibitori di pompa due volte al giorno rispetto a chi segue la monosomministrazione giornaliera» conclude Lazarus. «Gli inibitori di pompa sono così ampiamente utilizzati anche perché si pensa che abbiano pochi effetti collaterali, ma questo studio ci dice che bisogna prestare molta attenzione quando si pensa di prescriverli» spiegano in un editoriale di accompagnamento, Adam Jacob Schoenfeld e Deborah Grady, dell'Università della California a San Francisco.
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