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Politica e Sanità

25 Maggio 2016

Infezioni batteriche, costo insostenibile. Economist: strategie contro antibioticoresistenza


Nel 2050 le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti all'anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni, con costi stimati oltre ai 100 trilioni di dollari. È la previsione stilata in una review sull'"Economist" dedicata all'antibioticoresistenza da Jim O'Neill, attuale ministro inglese del Commercio, incaricato dal governo britannico di analizzare il problema e proporre soluzioni attuabili su scala globale. Già ora in Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano oltre 37 mila decessi e sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse che si attestano a circa 1,5 miliardi di euro l'anno. Quanto all'Italia, la resistenza agli antibiotici resta tra le più elevate in Europa e risulta, nella maggior parte dei casi, al di sopra della media europea. Nel nostro Paese ogni anno, dal 7% al 10% dei pazienti va incontro a un'infezione batterica multiresistente con migliaia di decessi.

Da tempo anche l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sottolinea ripetutamente la necessità di cambio di mentalità da parte sia dei medici sia dei pazienti, per riconoscere il valore fondamentale di queste importanti risorse terapeutiche da usare correttamente.

La comunità scientifica internazionale ha individuato due linee principali di intervento:
1) un cambiamento culturale immediato e profondo nella popolazione e nella comunità medica che porti a un impiego realmente appropriato degli antibiotici così da ridurne l'abuso e prolungarne il più possibile la vita;

2) una strategia di lungo periodo che punti alla promozione di incentivi all'introduzione di terapie innovative in grado di far fronte ai ceppi resistenti.

Altre soluzioni raccomandate da O'Neill sono l'istituzione di un "Global innovation fund" da 2 miliardi di dollari per finanziare la ricerca in fase iniziale e l'introduzione del sistema ‟pay or play", ovvero: oneri finanziari aggiuntivi per le aziende che non investono in ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici e, al contrario, una ‟ricompensa" di 1/1,5 miliardi di dollari per ogni nuovo farmaco antimicrobico efficace portato sul mercato. Ulteriori incentivi dovrebbero essere promossi per lo sviluppo di test diagnostici atti a evitare la somministrazione inutile di antibiotici o a favorire l'individuazione degli antibiotici più adatti a eradicare un'infezione per limitare la comparsa di ceppi resistenti. Importanti anche i vaccini, secondo il report: il loro uso contribuirebbe alla causa riducendo la necessità di usare antibiotici, ed aiuterebbe a combattere l'aumento delle infezioni da batteri resistenti ai farmaci.

Per esempio «una copertura universale con un vaccino coniugato antipneumococcico» sostiene O'Neill «potrebbe prevenire largamente le 800mila morti annuali di bambini sotto i 5 anni causate dallo Streptococcus pneumoniae e potrebbe prevenire oltre 11 milioni di giorni d'uso di antibiotici, riducendo la probabilità di sviluppo di resistenze». In conclusione, il problema della resistenza antimicrobica va combattuto su vari fronti, con uno sforzo congiunto delle istituzioni internazionali con politiche volte non solo a favorire lo sviluppo di nuovi farmaci ma a sensibilizzare la popolazione e impegnare gli operatori sanitari affinché si diffonda e consolidi una gestione responsabile delle prescrizioni. L'Aifa fa la sua parte: dal 2008 è impegnata nella promozione di un uso corretto degli antibiotici con capillari campagne di comunicazione, incoraggiando i pazienti a ricorrervi solo quando necessario e dietro prescrizione del medico, seguendo scrupolosamente dosi e tempi della terapia per non comprometterne gli effetti. Il concetto che deve mettere radici è che usare bene gli antibiotici è una responsabilità sociale, in quanto favorire lo sviluppo di resistenze mette seriamente a rischio la salute della collettività.

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