mag182018
Intestino irritabile, soluzione non farmacologica da stile di vita e probiotici
In circa il 40% dei casi di sindrome dell'Intestino irritabile (Ibs) non è necessaria una terapia farmacologica ma interventi sullo stile di vita e nell'ambito degli interventi non farmacologici, è raccomandato dalle linee guida internazionali l'uso di probiotici di specifici ceppi, tuttavia la grande maggioranza dei pazienti si sottopone a diagnosi strumentali in gran parte inutili e si espone, in modo ingiustificato a interventi chirurgici. Questo è il quadro che è emerso oggi nel corso della tavola rotonda "Trattamento dell'IBS e probiotici "mirati": cosa c'è di nuovo?", durante gli Ibs Days in corso a Bologna al Royal Carlton Hotel, realizzata con il contributo di Biocure-Gruppo PiLeJe produttore di un integratore alimentare a base di quattro ceppi probiotici (Lactibiane Reference) da pochi mesi disponibile anche in Italia, e tra i pochi probiotici avere un rigoroso studio sull'uomo nel trattamento dell'Ibs-C (Ibs con prevalenza di costipazione).
Gli esperti si sono confrontati sul ruolo del microbiota intestinale, delle connessioni neurologiche con i centri cerebrali superiori e della sintomatologia dell'Ibs. «Esiste un asse neuroendocrino che porta informazioni dall'intestino all'encefalo, il quale a sua volta condiziona la funzionalità digestiva - ha spiegato
Vincenzo Stanghellini, ordinario del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Alma Mater Studiorum Università di Bologna - La Sindrome dell'Intestino Irritabile è un problema di microbiota e di barriera intestinale, ma anche di violenze infantili, di sedentarietà e di fragilità psichica. Un problema che riguarda in prevalenza persone con meno di cinquant'anni e di sesso femminile che hanno una storia, soprattutto in età infantile, di gastroenteriti, le quali hanno probabilmente danneggiato in parte irreversibilmente la barriera intestinale».
In passato l'Ibs veniva erroneamente identificato con un vago disturbo intestinale legato allo stress, ha sottolineato
Giovanni Barbara, gastroenterologo, docente associato al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell'Università di Bologna. Oggi è invece ben più conosciuto: «Il settore anatomico cruciale per questa malattia è la barriera intestinale, costituita da cellule affiancate che devono far passare i nutrienti ma allo stesso tempo deve impedire il passaggio di agenti nocivi e microorganismi, quindi deve funzionare selettivamente. Quando questo non avviene, si verificano alterazioni che provocano uno stato infiammatorio locale. Questa malattia pertanto ha una chiara dimostrazione microscopica, ma si accompagna a sintomi macroscopici, di grande impatto e di disturbo su chi ne soffre. La 'micro' azione dei probiotici, quindi, è in grado di prevenire e riparare questo danno alla barriera».
Antonio Gasbarrini, ordinario Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha ricordato che «molti sono i fattori e le circostanze capaci di alterare il profilo microbico, inducendo una disbiosi cronica che si esprime con segni e sintomi di malattia, per esempio la sindrome dell'intestino irritabile. Ed è necessario intervenire innanzitutto direttamente sulla disbiosi - prosegue Gasbarrini - con l'integrazione di prebiotici, cioè sostanze utilizzate elettivamente dalla flora intestinale, che ne risulta modificata, o probiotici mirati sullo specifico disturbo, possibilmente personalizzati, vera novità per il trattamento della sindrome dell'intestino irritabile». Nell'ambito degli interventi non farmacologici per l'Ibs è stato ricordato che "l'utilizzo dei probiotici è raccomandato dalle linee guida internazionali grazie all'azione mirata e clinicamente dimostrata di specifici ceppi sui sintomi".