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Politica e Sanità

13 Ottobre 2018

Liberalizzazioni, filiera chiede regole certe. Politica: dare valore a capillarità


Liberalizzazioni che rispondono a logiche di profitto, dall'entrata dei capitali nella farmacia alla deregulation degli orari, sono antitesi di garanzia di tutela dei più deboli, non rispondono ai bisogni di salute del cittadino, impoveriscono e scardinano un sistema che ha bisogno di regole. Questa la riflessione emersa nel corso della sessione plenaria svoltasi nella mattinata della seconda giornata del congresso Farmacistapiù in corso a Roma dedicata "I bisogni di salute del cittadino e le politiche di welfare tra nuovi modelli di governance, liberalizzazioni e sostenibilità economica: il ruolo dei farmacisti e della farmacia italiana". A dare una chiave al dibattito che, tra le altre cose, intende «valutare l'impatto della evoluzione politica di questi anni e proporre misure di rilancio» è stata proprio la riflessione sui bisogni dei cittadini rilanciata da Andrea Mandelli, presidente della Fofi. «L'attuale modello di liberalizzazione che dà le farmacie in mano ai capitali è un passo indietro che non risponde ai bisogni di salute del cittadino. Lo stesso possiamo dire della deregulation degli orari: non serve al cittadino perché impoveriscono il sistema farmacia, le farmacie chiudono e il servizio peggiora perdendo la sua capillarità. Servono regole certe ma per confrontarci con i capitali dobbiamo alzare l'asticella della professione grazie alla nostra capacità di interpretare il bisogno del cittadino». A rinforzare queste considerazioni l'intervento di Marco Cossolo presidente di Federfarma rivolto alle forze politiche di governo presenti nel parterre di relatori: «Le liberalizzazioni sono l'antitesi della garanzia di un servizio equo per i cittadini. Le regole servono per tutelare i più deboli e se creano opportunità le creano, e le stanno creando, solo per i più forti, cioè i captali e se questo governo vuole andare verso il popolo, il cittadino, deve ripensare le liberalizzazioni tenendo conto dei danni che ha comportato finora».
Una visione condivisa da Giuseppe Chiazzese (M5s) farmacista e deputato della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati: «L'entrata in farmacia dei capitali, spesso di gruppi esteri, crea un danno alle farmacie come aziende, al sistema paese e a noi professionisti perché ci porta in un campo, quello solo commerciale, che non è il nostro, e che non ha cura della nostra professionalità. Questo è un tranello in cui non cadere. Siamo da sempre contrari e cercheremo di tornare indietro. Dobbiamo valorizzare la nostra professione con iniziative come il Diaday la gestione delle cronicità. Dobbiamo certamente superare l'unicum italiano di convivenza di farmacie e parafarmacie trovando una soluzione definitiva che incontri tutti i farmacisti perché siamo tutti farmacisti». Critico sulle «liberalizzazioni selvagge degli orari» anche Roberto Bagnasco (Forza Iatlia) della XII Commissione "Affari Sociali" della Camera: «Oltre a non aver portato vantaggi ha messo fortemente in difficoltà le farmacie più piccole con svantaggio per il cittadino che ha perso servizi sul territorio». Sulla necessità di «fare verifiche delle leggi che regolano il sistema farmacia, pezzo importante per Ssn» è intervenuta Alessia Morani (Pd) della II Commissione "Giustizia" della Camera dei Deputati: «Bisogna verificare ciò che è stato fatto finora per evitare di fare errori». A chiudere il giro di tavolo Marcello Gemmato (Fratelli D'italia), Segretario XII Commissione Affari Sociali della Camera con una proposta: «Noi abbiamo un valore aggiunto che è la capillarità ma la politica non se ne è accorta, quindi bisogna trasferirlo alle istituzioni. La capillarità non ha un valore economico diretto e tangibile, ma se chiudono ospedali e servizi territoriali nei piccoli centri non si può non dare riconoscimento alla presenza delle farmacie che ci sono sia centro delle città sia sui cucuzzoli delle montagne. Serve una riforma strutturale per supportare le farmacie altrimenti ci saranno sempre meno farmacisti e sempre più farmacie in mano ai capitali».

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