set112012
Maculopatia, Soi all’Aifa: approvi la terapia meno cara
Il costo delle nuove terapie intravitreali per la maculopatia oggi approvate con tale indicazione, varia da 600 a 1.200 euro a fiala. Eppure se si usasse bevacizumab, che costa 20 euro a fiala, ma che non ha indicazione per la malattia, si spenderebbe molto meno
Il costo delle nuove terapie intravitreali per la maculopatia degenerativa senile (Dme), oggi approvate con tale indicazione, varia da 600 a 1.200 euro a fiala. Eppure se si usasse bevacizumab, che costa 20 euro a fiala, ma che non ha indicazione per la malattia, si spenderebbe molto meno. La denuncia è stata sollevata dalla Società oftalmologica italiana (Soi) che, durante il Congresso della Società europea di oculisti (Euretina), tenutosi a Milano, ha chiesto all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in mancanza di una domanda di registrazione, di inserire bevacizumab nella lista dei «farmaci “off label” di uso consolidato e di documentata efficacia». Provvedimento che lo renderebbe ufficialmente utilizzabile, con notevole risparmio del Ssn e senza la responsabilità personale del medico. Attualmente, spiegano gli oculisti, tra i farmaci registrati per la patologia oculare, ci sono ranibizumab, che costa 1200 euro per fiala, pegaptanib 600 euro e desametasone 1.100 per trattamento. Il bevacizumab, l'alternativa sostenuta dalla Soi, in Italia è registrato per la cura dei tumori al colon, retto, seno e mammella, ma non per la maculopatia degenerativa senile, tuttavia veniva utilizzato con modalità “off label” quando mancavano le alternative. Oggi, però, non è più prescrivibile a totale carico del servizio sanitario perché i farmaci di recente introduzione possiedono l'indicazione registrata. Considerando che un trattamento necessita mediamente di 10-12 iniezioni a paziente, e che il numero di persone affette da questa patologia è elevato, è facilmente quantificabile la differenza di impatto in termini di costi a carico del Ssn. Al singolo specialista è lasciata la possibilità di utilizzare il farmaco meno costoso, a patto che lo faccia sotto la propria personale responsabilità per eventuali effetti indesiderati che dovessero insorgere nel paziente, anche in quelle regioni, come Toscana ed Emilia Romagna, che hanno raccomandato l'utilizzo di bevacizumab, per ragioni di risparmio sulla spesa. «Singolare» sottolineano gli oculisti «che entrambe le molecole più utilizzate (ranibizumab e bevacizumab) sono state sviluppate dalla stessa azienda farmaceutica, che non ha quindi interesse a far registrare l'indicazione per bevacizumab».