mag252022
Malattie autoimmuni, 130mila pazienti non accedono a farmaci biologici. Nuovi strumenti per ampliare cure
In Italia si stima un totale di circa 130mila pazienti affetti da patologie autoimmuni afferenti che non accedono alle cure biologiche adeguate alla condizione clinica
Tra artrite reumatoide, psoriasi, colite ulcerosa sono circa 130mila i pazienti che non accedono alle cure biologiche giudicate adeguate alla loro condizione clinica. È il dato emerso nel corso di un convegno organizzato a Roma dall'Italian Biosimilars Group di Egualia da cui è stata rilanciata la proposta di un nuovo strumento di policy a disposizione delle amministrazioni sanitarie: il "gain sharing", un indicatore clinico in grado di misurare il numero di pazienti eleggibili all'uso del biologico per una specifica patologia, ma non trattati. Al convegno "Accesso ai farmaci biologici: dal sottotrattamento al gain sharing", hanno partecipato le società scientifiche SIR, IG-IBD e SIDeMaST, le associazioni dei pazienti APMARR, ANMAR, AMICI E ADIPSO e rappresentanti del mondo istituzionale.
Le aree interessate dal basso accesso ai farmaci biologici
In Italia si stima un totale di circa 130mila pazienti affetti da patologie autoimmuni afferenti all'area della reumatologia, della gastroenterologia e della dermatologia che non accedono alle cure biologiche giudicate adeguate alla loro condizione clinica. Il dibattito ha preso le mosse dalle analisi realizzate da CliCon - Health, Economics & Outcome Research, società di ricerca guidata dall'economista
Luca Degli Esposti: che ha illustrato i dati. "Per la reumatologia, prendendo in considerazione il 2017 è stato stimato un numero di pazienti affetti da artrite reumatoide pari a 320mila unità, di cui 43mila trattati con farmaci biologici. Ma almeno il 10% dei restanti 275mila - circa 27 mila pazienti - presentano almeno uno dei criteri di eleggibilità previsti dalle linee guida scientifiche allo stesso trattamento". "Per la gastroenterologia, con la medesima metodologia di proiezione a livello nazionale - ha proseguito Degli Esposti - su un totale di circa 237mila diagnosi di Morbo di Crohn o Colite Ulcerosa, sono circa 20mila i pazienti trattati con farmaci biologici (12% del totale) contro una quota di circa il 28% pazienti affetti dalle patologie considerate ritenuto idoneo per un trattamento con farmaci biologici, per un totale di circa 68mila pazienti". "In campo dermatologico infine - ha concluso - su un totale di oltre 1.4 milioni di pazienti identificati con diagnosi di psoriasi, circa il 4% (ca 56mila) è in trattamento con farmaci biologici e ce ne sono quasi altrettanti - circa 54mila - potenzialmente eleggibili allo stesso trattamento".
Meno spesa per i farmaci più costi per ricoveri e prestazioni
Dalle tre analisi si evidenzia il fatto che "esiste un'ampia platea di pazienti che non accede o accede con grave ritardo ad una categoria di medicinali capaci di rallentare o modificare l'evoluzione della malattia, garantendo una migliore qualità di vita e riducendo anche le ricadute economiche sul Ssn". "L'analisi economica ha rivelato costi sostanzialmente sovrapponibili tra pazienti che fanno uso di farmaci biologici e pazienti che potrebbero farne ma non ne fanno uso - ha confermato Degli Esposti - a variare è però la composizione dei relativi costi: ad una maggiore spesa farmaceutica per i pazienti in trattamento con farmaci biologici si contrappone una maggiore spesa per ricoveri e prestazioni specialistiche nei pazienti che, pur eleggibili al biologico, non ne fanno uso".
Gain sharing, nuovo strumento che indica pazienti elegibili ma non trattati
Di qui la proposta di un nuovo strumento di policy pensato per essere messo a disposizione delle amministrazioni sanitarie: il "gain sharing". "È uno strumento che affianca ai tradizionali indicatori economici sull'utilizzo dei farmaci biologici a minor costo, un indicatore clinico in grado di misurare il numero di pazienti eleggibili all'uso del biologico per una specifica patologia, ma non trattati. La lettura combinata dei due indicatori - ha concluso Degli Esposti - permetterà di programmare ex ante il reinvestimento delle risorse liberate per contenere il fenomeno del sotto trattamento".
Stefano Collatina, coordinatore dell'Italian Biosimilars Group di EGUALIA, ha sottolineato come il "risparmio generato dovrebbe consentire a più pazienti di essere trattati all'interno del budget esistente mentre grazie agli accordi di gain sharing gli ospedali ed i centri prescrittori potrebbero trattenere almeno parte del risparmio ottenuto grazie alla concorrenza generata dai farmaci biosimilari per destinarlo ad incrementare l'accesso al trattamento nelle aree terapeutiche dove è stato generato e dove emergono evidenze di sotto trattamento". E ha aggiunto: "Vorremmo che l'Agenas ed il Ministero della Salute si facessero promotori di un osservatorio permanente di monitoraggio del fenomeno con le Regioni, affinché le best practices sul modello del gain sharing diventino la risposta concreta ai pazienti almeno in queste aree terapeutiche".