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mar42015

Malattie infiammatorie croniche immuno-mediate: l'opzione infliximab biosimilare

Malattie infiammatorie croniche immuno-mediate: l’opzione infliximab biosimilare

Il dibattito sull'impiego dei biosimilari nel nostro Paese è stato ieri a Bergamo al centro di un convegno focalizzato su prospettive future e strategie di gestione tra razionalizzazione della spesa e tutela dei pazienti. Lo "spunto" è stato l'approvazione Ema del primo biosimilare di un anticorpo monoclonale: infliximab. Il farmaco, approvato nelle malattie infiammatorie croniche immuno-mediate (Imid) [come artrite reumatoide, malattia di Crohn, psoriasi], nonostante i miglioramenti prognostici conseguiti ha trovato finora limiti all'uso per via del costo elevato: la disponibilità di un biosimilare permetterebbe di liberare importanti risorse per ampliarne l'accesso ai pazienti ma permangono resistenze per il fatto che si tratta di farmaci "simili ma non identici" all'originator. «Il biosimilare è sviluppato in modo da risultare sovrapponibile in termini di qualità, sicurezza, efficacia e immunogenicità al prodotto biotecnologico già autorizzato, il medicinale di riferimento» ricorda Armando Genazzani, docente di Farmacologia presso l'Università del Piemonte Orientale A. Avogadro. «L'Ema richiede un "esercizio di comparabilità" per dimostrare la sovrapponibilità analitica (chimico-fisica e biologica), pre-clinica (studi di farmacocinetica e farmacodinamica in vitro e in vivo) e clinica (studi sull'uomo) del biosimilare rispetto al medicinale di riferimento». L'iter di approvazione è molto rigoroso e nessun passo è automatico o privo di valutazione scientifica da parte delle Autorità regolatorie. «Il biosimilare di infliximab, per esempio, è stato sottoposto a 54 test e studi pre-clinici e a 2 studi clinici [Planetas e Planetra]». I biosimilari, soprattutto, a fronte di un'efficacia e sicurezza comparabili a quelle dell'originator, hanno un costo inferiore, che può generare risparmi consistenti, come illustrato da uno studio di budget impact relativo a infliximab biosimilare. «Prospettando nel periodo 2015-2019 una graduale crescita dell'utilizzo del biosimilare (dal 5 al 25% dei pazienti già in terapia con infliximab originator e dal 50 al 90% dei nuovi pazienti candidabili)» afferma Carlo Lucioni, direttore di ricerca Hps e autore dello studio «è stato calcolato un risparmio potenziale annuo nel 2019 pari a circa 16 milioni di euro e uno cumulato nei cinque anni di circa 48 milioni, con i quali si potrebbe estendere il trattamento a quasi 4.000 persone in più, per 12 mesi. Il risparmio per ogni paziente trattato col biosimilare può essere stimato pari a circa 4.000 euro all'anno». (A.Z.)



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