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Nutrizione

06 Dicembre 2018

Merendine: non sono tutte uguali


Le nostre merendine non sono uguali a quelle inglesi o a quelle del mercato Usa. Occorre partire da questa precisazione se si vuole correttamente parlare dell'impatto che gli snack hanno sulla nostra alimentazione. A ricordarlo è Aidepi l'Associazione delle industrie del Dolce e della Pasta italiane che ha commissionato alla Fondazione italiana per l'educazione alimentare (Foodeu) il primo studio che confronta le principali merende vendute in Italia, Uk e Usa.

Il primo dato che emerge è che il consumatore italiano ha a disposizione prodotti diversi. L'allarme circa il consumo di questi snack, il fatto che si attribuisca loro buona parte dei problemi di sovrappeso e in generale malnutrizione dei più piccoli, è giustificato?

Cominciamo dai numeri. Secondo i dati IRI e AIDEPI in Italia si consumano circa 2 merendine a settimana, nel 61% dei casi da persone adulte (21 milioni di italiani, un dato per certi versi inaspettato) e solo nel 22% dei casi i consumatori sono bambini e ragazzi di età fra i 1 e 10 anni.

Gli snack dolci industriali sono uno dei prodotti scelti per la merenda dei bambini e ragazzi (23.2%), dopo frutta (51%), yogurt (42%), snack salati (28%), panino (24%) e prima dei dolci preparati in casa (17%).

Da un punto di vista della composizione va detto che negli ultimi 10 anni grazie ad un accordo fra AIDEPI e Ministero della Salute, che impegnava le aziende a riformulare i prodotti in modo da migliorare il loro profilo nutrizionale e l'impatto metabolico siamo arrivati oggi ad avere snack che contengono il 20% di grassi saturi in meno, il 30% di zuccheri semplici in meno e il 21% di calorie in meno.
Sono stati eliminati completamente gli acidi grassi saturi trans e la porzione media è stata portata a circa 34 grammi, con 5,7 grammi di grassi (dei quali 2,1 g saturi), 9 grammi di zuccheri e un contenuto calorico a porzione di 136 kcal (tra il 5-10% del fabbisogno calorico giornaliero della merenda di bambini fra 7 e 12 anni di età). Nei paesi anglosassoni i valori di composizione e del peso a porzione sono superiori fino al doppio, ricorda AIDEPI, che ritiene il confronto poco ragionevole.

Sono comunque prodotti che vanno consumati con cautela e inseriti nell'ambito di un'alimentazione bilanciata e varia. «Non esiste l'alimento killer, ma dobbiamo sempre più fare un discorso che consideri lo stile alimentare nel suo complesso, soprattutto quando si parla di alimentazione dei bambini e dei ragazzi -sostiene Giuseppe Morino, specialista in Pediatria e Scienze dell'Alimentazione dell'ospedale Bambino Gesù di Roma -. Oggi, il bambino obeso è già un soggetto con una patologia, con valori fuori norma dei più comuni indici (pressione, trigliceridi, colesterolo, ecc.). Bisogna quindi impostare un percorso di cambiamento, alla cui costruzione devono concorrere la famiglia, la scuola, gli operatori sanitari e anche le aziende».

Un percorso che va dalla lotta alla sedentarietà, fino allo stile alimentare di tutta la giornata. «La merenda diventa un momento nutrizionale importante - afferma Marcello Ticca, libero docente e specialista in Scienze dell'Alimentazione -. Distribuire l'alimentazione quotidiana in un certo numero di pasti è consigliabile per il benessere dell'organismo perché porta ad avere livelli minori di colesterolo nel sangue, glicemia e insulinemia più basse, una migliore tolleranza al glucosio, minor peso corporeo e adiposità, quindi minor rischio di malattie cardiovascolari e diabete».

Francesca De Vecchi
Tecnologa alimentare

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