mar182021
Neoplasie del colon-retto: i comportamenti giusti in fatto di dieta e stile di vita
La pandemia sta creando ritardi nello screening di prevenzione delle neoplasie del colon-retto. Un focus sugli stili di vita e dieta alimentare che giocano un ruolo fondamentale
Tra gli effetti collaterali causati dalla pandemia da Sars-Cov2 c'è un pericolosissimo rallentamento degli screening di prevenzione che riguardano le malattie più diffuse. Tra queste i
tumori del colon retto. Fismad, Federazione italiana società malattie apparato digerente, nell'ambito delle attività dedicate al mese per la Prevenzione del cancro colorettale, che cade appunto in marzo, ha presentato i dati di un'inchiesta sugli effetti della pandemia sulla mancata diagnosi dei tumori dell'apparato digerente.
I dati dell'indagine
Su tutto il territorio nazionale emerge che, rispetto al triennio 2017-19, nel 2020 le diagnosi di cancro colorettale sono diminuite dell'11,9%. L'indagine ha riguardato anche le altre due patologie dell'apparato digerente, il cancro gastrico e quello pancreatico, diminuite rispettivamente del 15,9 e del 9,9%. Secondo i dati dell'Osservatorio nazionale screening (Ons), il ritardo di screening è di 4,7 mesi in tutto il Paese, con punte di 7,1 e 8,4 mesi rispettivamente in Lombardia e Calabria. Il cancro del colon retto è, per incidenza, la seconda neoplasia maligna più frequente nei Paesi occidentali, precedendo quello alla prostata. Il primo rimane quello alla mammella nelle donne. Colpisce con maggior probabilità tra i 60 e i 75 anni e in Italia, secondo i dati Airtum (Associazione italiana registro tumori), nel 2017, ha colpito 23.000 donne e 30.000 uomini. I fattori di rischio principali riguardano lo stile di vita e la dieta. Anche la predisposizione genetica e la familiarità giocano un ruolo, così come alcune malattie dell'intestino tra cui la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa.
Stili alimentari, i comportamenti a rischio
Per quanto riguarda lo stile alimentare alcuni comportamenti sono ritenuti maggiormente a rischio, come l'eccesivo consumo di carni rosse e di insaccati. Vale la pena ricordare che nel 2015 lo Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha inserito la carne rossa lavorata, come salumi e carne in scatola, nel gruppo 1A della sua classificazione (sicuramente cancerogena) e la carne rossa nel gruppo 2A (probabilmente cancerogena). Fu una classificazione che fece molto scalpore, ricavata dall'analisi di più di 800 lavori e che si riferiva al consumo e alla modalità di preparazione di certi alimenti. Il contenuto in acidi grassi e ferro nel gruppo eme della carne rossa, infatti, nell'ambito di un consumo eccessivo, può aumentare il livello di infiammazione dell'intestino, elevando quindi il rischio di malattia, soprattutto tra le persone più esposte. Anche la preparazione e la lavorazione giocano un ruolo: possono accrescere il livello rischio la cottura (per esempio alcune cotture come la brace che favorisce la formazione di amine eterocicliche aromatiche o idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni) ma anche l'uso di sostanze conservanti tipicamente usate nei salumi come nitriti e nitrati, che nello stomaco possono dare origine a nitrosammine. Va detto che la classificazione Iarc va considerata "in termini di popolazione e di salute pubblica" e non andrebbe tradotta in termini di indicazioni individuali, visto che il rischio di ammalarsi dipende anche da altri fattori, come appunto la familiarità e l'insieme degli stili di vita.
Fattore di rischio è anche una dieta sbilanciata verso un eccesso di farine e zuccheri raffinati. Il sovrappeso e la sedentarietà, l'abitudine al fumo e l'eccessivo consumo di alcol sono comportamenti da evitare mentre il regolare consumo di frutta e verdure, la preferenza verso carboidrati non raffinati, adeguati livelli di vitamina D e calcio hanno effetti protettivi. Tornando all'emergenza denunciata dai dati Fismad, emerge che oltre alla riduzione degli inviti allo screening ha pesato anche l'elevata percezione del rischio infettivo che ha scoraggiato molti cittadini del recarsi nelle strutture sanitarie, stimata intorno al 20%. Particolarmente importante è, quindi, ricordare quanto i comportamenti che riguardano la dieta e lo stile di vita giochino un ruolo fondamentale a prevenzione della malattia, in questo particolare momento che stiamo vivendo.
Francesca De Vecchi