Brexit e farmaci, Efpia: azione comunitaria per assicurare approvvigionamento
Malgrado la Commissione Europea e l'Agenzia Europea dei medicinali abbiano sostenuto che la soluzione al problema dell'approvvigionamento di farmaci, causato da una brexit no deal, sia di competenza dei singoli Paesi, il presidente di Efpia Stefan Oschmann ritiene un'azione coordinata a livello Ue «la strada più semplice e coerente per assicurare la necessaria flessibilità temporanea da parte degli Stati Membri nel miglior interesse dei pazienti e della salute pubblica». Un tema, quello della sicurezza di pazienti e cittadini, sul quale Oschmann, dalle pagine del Sole 24 Ore, tenta di riportare l'attenzione internazionale. «Per gran parte dei settori, le questioni legate alla Brexit sono economiche - spiega -. Ma per i farmaci la situazione è diversa. E, come imprese basate sulla ricerca, quelli che produciamo migliorano la qualità della vita, salvando spesso i pazienti sia nel Regno Unito che nel resto d'Europa. Per noi, la prima preoccupazione sulla Brexit è sempre stata la sicurezza dei pazienti, la salute pubblica e la fornitura senza interruzione di farmaci ai pazienti europei e britannici». Un settore da non sottovalutare, considerando la mole degli scambi farmaceutici: 45 milioni di confezioni dalla Uk alla Eu, 37 nel senso opposto, ogni mese. L'industria farmaceutica, in preda all'incertezza, ha deciso di provvedere autonomamente premunendosi rispetto all'ipotesi peggiore, quella del no deal: «stoccaggio dei farmaci, duplicazione dei test, trasferimento delle autorizzazioni e pianificazione di spedizioni verso e dalla Ue su traghetti noleggiati dal governo britannico per sei nuove rotte portuali. Gli isotopi per i trattamenti oncologici e altri prodotti con breve scadenza potranno essere trasferiti in aereo, grazie a una delle più grandi sfide logistiche mai affrontate dalla nostra industria e dai nostri partener nel sistema sanitario». Una preparazione che, nonostante il grado di accuratezza e pianificazione, lascerà il regno unito «fuori da un quadro regolatorio, di sicurezza per i pazienti, approvvigionamento dei farmaci e ricerca clinica il cui sviluppo ha richiesto decenni». Preoccupante quindi la carenza di attenzione da parte delle istituzioni verso il settore farmaceutico, che si è visto di fatto costretto a fornire delle soluzioni temporanee. «Ci sarebbero alcune azioni fondamentali da intraprendere subito. Se il trasferimento dei test sui farmaci dal regno Unito alla Ue non potrà essere completato entro il 30 marzo 2019, nonostante l'impegno delle imprese, l'Unione Europea e i suoi Stati membri dovrebbero consentire l'uso di farmaci attualmente testati per la qualità nel regno Unito. Analogamente, i dispositivi medici usati con i farmaci e attualmente con la certificazione Ce rilasciata nel Regno Unito dovrebbero essere resi disponibili nella Ue nel breve periodo». Data la probabilità di complicazioni doganali, «andrebbero adottate misure per dare priorità a farmaci, principi attivi e prodotti per la sperimentazioni cliniche».
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