Sanità

apr292021

Obbligo vaccinale per chi opera in farmacia e parafarmacia. Ecco quando è previsto

Obbligo vaccinale per chi opera in farmacia e parafarmacia. Ecco quando è previsto

Il Decreto Covid introduce l'obbligo vaccinale anche per chi opera in farmacie e parafarmacie. Il punto sui contenuti della norma

Mentre è in corso l'iter parlamentare del cosiddetto Decreto Covid, che, tra gli altri punti, ha introdotto l'obbligo vaccinale anche per chi opera in farmacie e parafarmacie, sono molte le domande su operatività e incombenze in capo ai titolari, oltre che, più in generale, le perplessità sui contenuti della norma. La misura riguarda solo chi lavora a stretto contatto con i pazienti o, in generale, tutti i lavoratori di una farmacia e parafarmacia? Quali sono le casistiche riportate in cui è previsto di non sottoporsi al vaccino anti Covid? Che cosa succede nel caso in cui non risultasse, al momento della verifica regionale, l'avvenuta vaccinazione o la prenotazione? Vale la pena fare un punto.

Che cosa prevede il Decreto

Come si ricorderà, l'obbligo vaccinale, stabilito dal d.l. n. 44, vale per "gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali", in maniera limitata alla "situazione di emergenza epidemiologica, fino alla completa attuazione del piano vaccinale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021". Secondo il dettato, infatti, "la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati". Va comunque ricordato che la vaccinazione "può essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute - in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate -, attestato dal medico di medicina generale". Proprio in riferimento alla platea coinvolta, da più parti è stato sottolineato come la norma non renda chiaro chi siano i soggetti per i quali sia vigente: in un recente articolo pubblicato su Sedivanews è stato, infatti, avanzato l'interrogativo se si debba intendere solo i farmacisti o tutti i collaboratori anche non farmacisti? E, in questo caso, vale solo per chi opera a diretto contatto con il pubblico o per tutti i lavoratori? Sul punto, in una circolare pubblicata sul sito di Federfarma, dal sindacato dei titolari è stata data una lettura prudenziale, estesa a tutti i soggetti che lavorano in farmacia e che sono quindi a contatto con il pubblico e con i colleghi.
Va rilevato, comunque, che la gran parte delle incombenze - e, viene da dire, delle responsabilità - sono in capo a Regioni e Asl. Infatti, per quanto riguarda l'operatività, i datori di lavoro, e quindi farmacie e parafarmacie, così come gli Ordini provinciali, dovrebbero avere già provveduto, entro il 6 aprile, a inviare alle Regioni la lista, rispettivamente, dei propri dipendenti e degli iscritti all'Albo. Non è, quindi, in capo ai titolari indicare, venire a conoscenza o accertare chi si sia sottoposto al vaccino, né chi sia soggetto all'obbligo. Secondo quanto prevede il Dl, entro 10 giorni dalla ricezione degli elenchi da ordini e datori di lavoro, tocca quindi a "Regioni e Province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificare lo stato vaccinale di ciascuno", e, in particolare, controllare la sussistenza "dell'effettuazione della vaccinazione o della presentazione della richiesta".

Gli accertamenti della Regione e segnalazione alla Asl

Che cosa succede qualora non risultasse nessuna di queste condizioni? Dalla Regione, che ha fatto la verifica, verrà inviata una "segnalazione immediata all'azienda sanitaria locale di residenza", che dovrà a quel punto "invitare l'interessato a produrre, entro cinque giorni, la documentazione" relativa all'effettuazione della vaccinazione, alla prenotazione della stessa, a problematiche di salute, o all'eventuale insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale - nel caso in cui, per esempio, non si stia svolgendo attività lavorativa. In assenza di tale documentazione, seguirà poi "senza ritardo" - così il Decreto - l'invito a mettersi in regola con l'obbligo e, solo a quel punto, decorsi i termini indicati, "l'azienda sanitaria locale accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e ne daÌ immediata comunicazione all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale".
Che cosa comporta tale accertamento? Come sottolineato anche da Sedivanews, tale atto non comporta conseguenze quali la sospensione dall'Albo, ma determina "la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2".

Il ruolo dei datori di lavoro

Che cosa significa e quale ruolo hanno i datori di lavoro? "Il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori" con le caratteristiche di cui sopra. La nuova mansione vedrà un "trattamento corrispondente" e se lo spostamento "non eÌ possibile", "per il periodo di sospensione, non eÌ dovuta la retribuzione". La sospensione, come detto, "mantiene efficacia fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre". Va chiarito, come era stato indicato da Federfarma, che la sospensione da parte del datore del lavoro segue la comunicazione della Asl relativa all'atto di accertamento di inosservanza. Se questa non c'è, aveva detto Federfarma, tale sospensione non opera. E, in ogni caso, laddove il datore di lavoro dovesse riceverla - ma come è stato osservato da più parti le incombenze e le verifiche che la parte pubblica deve ottemperare sono notevoli, implicando una tempistica che si prevede possa non essere stretta - gli step da mettere in atto sono esclusivamente quelli riportati dalla normativa.

Francesca Giani
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