Sanità

mag142021

Obbligo vaccinale: tra dubbi, casistiche e operatività, il punto per i farmacisti

Obbligo vaccinale: tra dubbi, casistiche e operatività, il punto per i farmacisti

Continua il dibattito sull'obbligo vaccinale introdotto dal Decreto Covid che vale anche per chi opera in farmacia e parafarmacia

Continua il dibattito attorno all'obbligo vaccinale introdotto dal cosiddetto Decreto Covid, che vale anche per chi opera in farmacia e parafarmacia. Da un lato, alcune Amministrazioni stanno provvedendo a contattare gli operatori sanitari per informarli sul proprio stato vaccinale, mentre alcune Regioni hanno predisposto la possibilità per chi è interessato dalla norma e ancora non ha ricevuto il vaccino di comunicare la propria volontà di adesione o di prenotarsi «anche prima di ricevere l'invito formale». A parte le perplessità e i dubbi operativi, che continuano a esserci, non manca poi chi segnala criticità: la Fnomceo, per esempio, si chiede che cosa succederà ai medici che a giugno vedranno trascorsi sei mesi dalla somministrazione delle dosi. Vale la pena fare un punto.

Verifiche in corso in alcune amministrazioni

Come si ricorderà, l'obbligo vaccinale, stabilito dal Dl n. 44, vale per «gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali», in maniera limitata alla «situazione di emergenza epidemiologica, fino alla completa attuazione del piano vaccinale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021». L'operatività è, per lo più, in capo alla parte pubblica: i datori di lavoro, e quindi farmacie e parafarmacie, così come gli Ordini provinciali, dovrebbero avere già provveduto, entro il 6 aprile, a inviare alle Regioni la lista, rispettivamente, dei propri dipendenti e degli iscritti all'Albo. La palla è, quindi, in mano a Regioni e Province autonome, che entro dieci giorni dalla ricezione di tali elenchi «per il tramite dei servizi informativi vaccinali» sono tenute a verificare lo stato vaccinale di ciascuno, e alle Asl che devono invitare chi non risulta vaccinato a «produrre, entro cinque giorni, la documentazione» necessaria - relativa cioè all'effettuazione della vaccinazione, alla prenotazione della stessa, a problematiche di salute che la impediscano, o all'eventuale insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale. Se alcune Amministrazioni, nei giorni scorsi, hanno provveduto a contattare, sulla base delle verifiche effettuate, alcuni di coloro che non risultano essere stati vaccinati, la strategia che, almeno in alcune Regioni, sembra prendere piede - forse anche in relazione al fatto che la campagna vaccinale è in stadio più avanzato - è quella di aprire direttamente la possibilità agli interessati di richiedere il vaccino. In Lombardia, per esempio, già da qualche giorno, attraverso il portale regionale è stata aperta la prenotazione all'interno di una sezione dedicata proprio agli operatori sanitari e sociosanitari su cui ricade l'obbligo. «Coloro che appartengono a queste categorie», si legge, «possono chiedere la somministrazione del vaccino anti Covid-19, anche prima di ricevere l'invito formale da parte dell'Ats». Una soluzione che, secondo alcuni commentatori, servirebbe anche a uscire dall'impasse, segnalato da alcuni, relativo ai dubbi di legittimità della norma e al fatto che non in tutte le Regioni i vaccini disponibili siano ritenuti sufficienti per coprire tutti gli operatori interessati dall'obbligo.

Lazio, pochi i farmacisti non vaccinati

Nel Lazio, spiega Roberto Pennacchio, presidente dell'Ordine di Latina, «ormai possiamo dire che il vaccino non è stato ricevuto da una percentuale esigua di farmacisti. Dal nostro punto di vista, tale misura può essere letta come strumento per favorire l'accesso al vaccino da parte di chi finora non l'ha avuto. Come Ordine, abbiamo inoltrato, entro il 6 aprile, secondo il cronoprogramma del Decreto, l'elenco di tutti i farmacisti iscritti all'Albo. La Regione, entro il 16, avrebbe dovuto confrontare i dati inviati da noi - e dai titolari - con quelli presenti nella propria banca dati. Non ci risulta che tale passaggio sia stato ultimato e, per accelerare il processo, la settimana scorsa abbiamo mandato una comunicazione agli iscritti all'Albo per raccogliere le eventuali richieste di adesione volontaria alla campagna, con l'intenzione di farle avere a Regione e Asl entro il 18 maggio. Ma, proprio ieri, l'iniziativa è stata rilanciata dalla Regione stessa che, dal suo portale sta dando la possibilità a tutti gli operatori sanitari interessati dal Dl 44/2021 di esprimere la propria adesione». Non si tratta di una vera e propria prenotazione, avverte in una comunicazione la Asl di Latina, ma dalla Regione verranno date indicazioni sulle modalità di esecuzione.

I dubbi sull'operatività del dettato normativo

Intanto, in merito all'operatività, in un recente articolo pubblicato da Sedivanews è stato predisposto una sorta di vademecum per chiarire i dubbi. Un primo punto riguarda le conseguenze dell'«inadempienza all'obbligo vaccinale, che non determina la sospensione dall'albo ma la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2». Il datore di lavoro «ha l'obbligo di adibire a mansioni diverse e/o inferiori il dipendente che abbia rifiutato il vaccino - al di fuori delle motivazioni indicate dalla legge. Qualora questa soluzione non si riveli materialmente possibile, il comma 8 dell'art. 4 precisa che «per il periodo di sospensione dallo svolgimento delle attività lavorative, non è dovuta la retribuzione». Tale disposizione mantiene efficacia fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. L'articolo ricorda poi che «solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione non è obbligatoria e può essere omessa o differita». Questa è «la sola deroga prevista» e non risulta ricompresa la casistica di chi «presenti i risultati di analisi che certificano l'alta presenza di anticorpi contro il Covid-19».

Le perplessità sulla durata della vaccinazione

Il Decreto, a ogni modo, continua a destare perplessità nel merito e per come è stato formulato: di recente la Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici, nel far presente, in un comunicato stampa, al Ministero la situazione di disagio della classe medica, lancia anche una provocazione, segnalando un cortocircuito. Se, da un lato, il Green Pass fissa la durata della validità della vaccinazione a sei mesi, quali sono le conseguenze che ne derivano, soprattutto dato l'intreccio delle varie normative? Bisogna pensare che i medici «vaccinati a gennaio, siano esclusi dalla possibilità di spostarsi, di accedere a servizi. E forse persino, in assenza del richiamo, dalla possibilità di stare in corsia»? Quel che è certo è il rischio di «creare, in ogni caso, problemi burocratici e organizzativi, in un contesto di scarsità di vaccini».

Francesca Giani
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