set112015
Piante ad azione cicatrizzante, dall'aloe alla borragine
Storicamente le piante ad azione cicatrizzante sono tra le prime utilizzate dall’uomo. In tempi in cui non esistevano ancora disinfettanti e antibiotici, piante come l’aloe o la consolida, fungevano da veri e propri salvavita
L'aloe vera può essere considerata la pianta più utilizzata nel corso della storia di tutta l'umanità. Il primo reperto storico che ne parla è una tavola sumera del 2100 a.C. L'Aloe fu utilizzata anche durante tutto il periodo ellenico e romano per il suo spiccato potere cicatrizzante. Si narra che Alessandro Magno conquistò un'intera isola dell'Oceano Indiano solo per approvvigionarsene in grosse quantità e per portarsela nelle sue battaglie. Le proprietà cicatrizzanti dell'Aloe sono dovute ad un gel contenuto nella sua foglia. Si tratta di una mucillagine ricca di polisaccaridi, soprattutto di glucomannano, che una volta applicata sulle ferite attiva il fattore di crescita dei fibroblasti stimolandone l'attività e la proliferazione. Al tempo stesso il gel migliora la produzione e la secrezione di collagene con un aumento dei collegamenti trasversali nella ferita e un'accelerazione complessiva della guarigione. Oltre all'Aloe, Alessandro Magno decantava le virtù della Consolida maggiore (
Symphytum officinale), una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle
Boraginaceae. Con la sua radice polverizzata venivano allestiti dei cataplasmi da applicare direttamente sulle ferite.
Da studi recenti si è poi scoperto che la vera responsabile di tale azione cicatrizzante è una piccola molecola chiamata allantoina. Essa svolge attività dermoriparativa, idratante, cheratoplastica, cheratolitica e antiossidante. Oggi l'allantoina è un complemento presente in quasi tutte le creme cosmetiche ma pochi sanno che si tratta in realtà di un metabolita naturale presente in un'ampia varietà di organismi. Un rimedio casalingo per curare piccoli tagli e ferite lo si può ottenere anche con le foglie carnose del
Sedum telephium, detta volgarmente l'Erba della Madonna. Si tratta di una pianta grassa molto comune nei nostri giardini, ottima come specie ornamentale anche da vaso. Togliendo la cuticola inferiore alla foglia e applicando la stessa sulla ferita, si favorisce la formazione del tessuto sottostante. Ciò è il risultato di una sinergia tra i componenti presenti nel parenchima della foglia (flavonoidi e polisaccaridi) che svolgono sulla ferita azione batteriostatica, antinfiammatoria, antiossidante e riepitelizzante.
Il periodo migliore per raccoglierne le foglie è tra luglio e agosto. Una volta lavate esse vanno poste in un contenitore ermetico all'interno del congelatore. Il successivo scongelamento oltre a facilitare la rimozione della pellicola dalla pagina inferiore, provoca la rottura delle cellule del parenchima, determinando la fuoriuscita dei principi attivi direttamente sulla superficie da trattare.
Angelo Siviero
Farmacista esperto in fitoterapia e galenicasivieroangelo1@gmail.com