Sanità

giu72018

Precariato, Europa contro l'abuso del contratto a tempo determinato

Precariato, Europa contro l’abuso del contratto a tempo determinato
Il lavoro precario può derivare anche da un uso abusivo di contratti di lavoro temporanei e in ogni caso implica una maggiore esposizione alla vulnerabilità socioeconomica, risorse insufficienti per una vita dignitosa e una protezione sociale inadeguata. Il tema è al centro di una risoluzione sulla lotta alla precarietà e all'abuso dei contratti a tempo determinato votata dal Parlamento Europeo in seduta Plenaria a fine maggio, che segna la direzione entro cui dovrebbero muoversi gli Stati membri, nel pubblico e nel privato, e, d'altra parte, la preoccupazione trova riscontro, in Italia, dai dati: secondo l'ultima rilevazione Istat diffusa a fine maggio (relativa ad aprile) la stima degli occupati continua sì a mostrare una tendenza alla crescita (+0,3% rispetto a marzo, pari a +64 mila), con un tasso di occupazione che si attesta al 58,4% (+0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente), ma prosegue la ripresa degli indipendenti (+60 mila) e dei dipendenti a termine (+41 mila), mentre diminuiscono i permanenti (-37 mila).

La situazione non può rimanere senza conseguenze e, di recente, per cercare di renderle evidenti la rete degli specializzandi in farmacia ospedaliera ha riproposto i risultati della Survey dell'anno scorso - che a breve verrà pubblicata su una rivista internazionale - mettendo in luce, a fronte della mancata retribuzione della specialità, una situazione di sottoinquadramento e di bassi compensi, tanto di chi finisce per avere un impiego in ambito ospedaliero, quanto nelle farmacie del territorio. Situazione che tende a protrarsi in ogni caso anche dopo la specialità, come emerge da fonti interne alla categoria, con una difficoltà a trovare un contratto stabile, soprattutto nel pubblico. Per quanto riguarda la risoluzione europea, parte chiaro l'invito diretto a Commissione e Stati membri «a combattere il lavoro precario», ricordando che «i contratti a tempo indeterminato sono la forma comune dei rapporti di lavoro» mentre «il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato è al fine di coprire esigenze che sono di natura temporanea». E in ogni caso l'invito è ad «attuare un approccio basato sui diritti», «a cooperare con tutte le parti sociali, in particolare i sindacati, e i soggetti interessati, al fine di promuovere un'occupazione di qualità, sicura e ben retribuita e rafforzare, tra l'altro, gli ispettorati del lavoro», «a garantire appieno la parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo di lavoro» e «a valutare la legislazione relativa al lavoro precario in relazione al suo impatto di genere».

La premessa è che «i dati di Eurostat ed Eurofound sul lavoro temporaneo involontario, sulle discrepanze relative al genere e all'età nel lavoro temporaneo, nonché sulla sottoccupazione di una notevole percentuale di lavoratori a tempo parziale, indicano un aumento del fenomeno delle forme di occupazione non standard e atipiche». Ma d'altra parte, la situazione emerge per il nostro paese anche dagli ultimi dati Istat, diffusi a fine maggio e relativi ad aprile: «Su base annua continua l'aumento degli occupati (+0,9%, +215 mila). La crescita interessa donne e uomini e si concentra tra i lavoratori a termine (+329 mila), mentre diminuiscono i permanenti (-112 mila) e gli indipendenti rimangono stabili. Crescono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+328 mila) e i giovani 15-24enni (+78 mila) mentre calano gli occupati tra i 25 e i 49 anni (-191 mila). Nei dodici mesi aumenta il numero di disoccupati (+0,8%, +24 mila) mentre cala fortemente quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,4%, -318 mila)».

Una situazione che, nel settore, abbiamo cercato di seguire a più riprese e da ultimo, per quanto riguarda l'area degli specializzandi in farmacia ospedaliera, sono stati rilanciati, in occasione della imminente pubblicazione su una rivista internazionale, i risultati della Survey 2016 diffusi l'anno scorso. In questo ambito, si sconta il problema della discrepanza rispetto agli specializzandi medici, che vengono retribuiti per il periodo di specialità. Così, la eventuale borsa di studio è legata alla singola scuola ospedaliera ed «è presente nel 24% dei casi» come spiega Vera Damuzzo, nel forum Renasfo. Con la conseguenza che «solo una parte (53%) degli specializzandi senza borsa SSFO svolge un lavoro inerente alla professione di farmacista ospedaliero. Il 42% degli specializzandi che non hanno una borsa erogata dalla SSFO ha un'occupazione in una farmacia aperta al pubblico o in una parafarmacia con guadagno annuo che spesso è inferiore ai 10.000 euro. Un altro 42% ha, invece, un impiego all'interno di una struttura dell'SSN nella quale può svolgere parte delle attività del tirocinio formativo previsto dalla scuola. L'8% ha un lavoro in una struttura SSN diversa da quelle in cui svolge il tirocinio formativo dovendo quindi spostarsi tra le varie sedi con maggiore difficoltà e mancando parzialmente al compito richiesto dalla borsa stessa. Infine il 3% lavora in un'azienda e il rimanente 1% ha un impiego presso strutture private, ospedali esteri, laboratori di ricerca farmacologica, o borse di studio per progetti specifici. La necessità di cercare un impiego da svolgersi in parallelo alla SSFO potrebbe ostacolare la regolare frequenza del tirocinio formativo e complicare ulteriormente la vita dello specializzando il quale si trova a dover conciliare studio/lavoro/tirocinio al fine di ottenere un sostentamento economico e, al contempo, soddisfare i requisiti formativi della SSFO». Sul fronte della retribuzione, «il 39% degli specializzandi riceve una borsa di studio con importo lordo annuo che varia dai 10 mila ai 20 mila euro, il 37% da 1 a 10 mila euro annui, il 23% da 21 a 30 mila e solo il 3% supera i 30 mila euro all'anno».

Francesca Giani
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