Prevenzione cardiovascolare e dieta: determinare l'efficacia dello schema alimentare
Quando si parla di salute e prevenzione, è noto che l'alimentazione giochi un ruolo importante. La dieta, dicono i dati, è una delle principali cause di morte e malattia: a livello mondiale si attribuiscono alle abitudini alimentari sbagliate il 22% dei decessi fra le persone adulte e il 15% di disabilità (calcolata come somma degli anni di vita persi per mortalità prematura e degli anni di vita vissuti in condizioni di salute non ottimale o di disabilità). Le principali diete che riducono il rischio cardiovascolare sono quelle a basso contenuto di grassi totali o saturi, la dieta Mediterranea (o più correttamente uno stile dietetico di tipo mediterraneo) e la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension). Da un punto di vista delle evidenze scientifiche qual è la forza di queste affermazioni? Sulla base di quali dati è possibile trarre indicazioni terapeutiche o linee guida, in particolare in presenza di un rischio di malattia?
Efficacia su mortalità e principali eventi cardiovascolari
La maggior parte delle evidenze disponibili a carico di questi programmi, infatti, non presenta prove robuste, o perché non sono derivate da studi randomizzati o perché, anche quando tratte da meta-analisi a coppie di studi randomizzati controllati, non danno risposte certe sulla mortalità (pur suggerendo per alcuni schemi una riduzione degli eventi cardiovascolari). Un articolo pubblicato su British Medical Journal fa un po' di chiarezza perché riporta le conclusioni di un'analisi dei principali sette schemi dietetici e il rischio di mortalità ed eventi cardiovascolari gravi, eseguita sulla base della metodologia GRADE (Grading of Recommendations, Assessment, Development and Evaluation): un sistema che valuta la qualità (o la certezza) dell'evidenza e la forza delle raccomandazioni. Questo approccio, sviluppato da una collaborazione internazionale di scienziati nel 2000 è oggi considerato lo standard di sviluppo di linee guida e di raccomandazioni cliniche basate sull'evidenza. È, per esempio, il metodo utilizzato in tutte le revisioni Cochrane. L'obiettivo dello studio è stato proprio quello di determinare l'efficacia relativa di programmi dietetici per la prevenzione della mortalità e dei principali eventi cardiovascolari in pazienti critici. Va precisato che oltre alle considerazioni sullo stile alimentare, i programmi dietetici valutati potevano includere anche esercizio fisico, supporto comportamentale e altri interventi secondari come il trattamento farmacologico. Gli outcome e le misurazioni dell'analisi comprendevano tutte le cause di mortalità, la mortalità cardiovascolare e gli eventi cardiovascolari come ictus, infarto miocardico non fatale e interventi cardiovascolari non pianificati.
Sette schemi dietetici a confronto
I risultati dell'analisi su una platea di 35.548 pazienti che seguivano 7 schemi dietetici diversi hanno infine confermato - con un grado di certezza moderato - che i programmi che promuovono le diete di stile mediterraneo e quelle a basso contenuto di grassi, con o senza attività fisica o altri interventi, sono quelle che possono ridurre la mortalità per tutte le cause e l'infarto miocardico non fatale nei pazienti con aumentato rischio cardiovascolare (a differenza di tutti gli altri programmi valutati i cui i risultati non superavano il livello minimo). La Dieta Mediterranea quindi, già considerata universalmente uno schema dietetico salutare grazie ad una combinazione di alimenti ricchi di antiossidanti e molecole antinfiammatorie, si conferma uno strumento di prevenzione adeguato per la salute cardiovascolare, in modo particolare per quanti sono già ad alto rischio di esiti gravi o fatali.
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