feb282012
Radicali su pillola del giorno dopo: diffida a chi fa obiezione
L’Associazione Luca Coscioni annuncia diffide e procedimenti giudiziari in caso di obiezione di coscienza per la pillola del giorno dopo, ipotesi sollevata da alcuni farmacisti italiani
L’Associazione Luca Coscioni annuncia diffide e procedimenti giudiziari in caso di obiezione di coscienza per la pillola del giorno dopo, ipotesi sollevata da alcuni farmacisti italiani, poiché «la pillola in questione non è un farmaco abortivo, come la RU486, ma una terapia contraccettiva d'urgenza che va somministrata il prima possibile». Lo ha dichiarato Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, alla presentazione del libro “C'è chi dice no. Dalla leva all'aborto come cambia l'obiezione di coscienza” di Chiara Lalli, edito da Il Saggiatore. «Il farmacista non può fare alcuna obiezione di coscienza, deve invece limitarsi a somministrare un farmaco che viene peraltro richiesto con regolare prescrizione medica. Non hanno quindi» ha affermato Gallo «alcun fondamento legale tali dinieghi e nessuna norma li supporta, mentre la mancata somministrazione dei farmaci è un reato civile e penale. È ora di dire basta. Abbiamo così deciso di aiutare le donne a risolvere immediatamente il problema denunciando il fenomeno e mettendo nel nostro sito un modulo di esposto ai farmacisti che negano questo tipo di terapia. Le donne possono usare questo strumento, in via immediata e a costo zero, per far valere i propri diritti. A queste donne forniamo la nostra completa assistenza legale». L'associazione ha poi anche annunciato un procedimento di diffida nei confronti dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, per l'immissione in commercio «con modifiche improprie» della pillola RU 486, la pillola per l'aborto farmacologico. «Il farmaco è stato immesso nel mercato italiano per procedura di mutuo riconoscimento fra Paesi europei, come stabilito dall'Ema, l'agenzia europea dei farmaci. L'Italia però ha accorciato il tempo massimo di somministrazione del farmaco dai 63 giorni stabiliti dall'Ema a 49 giorni, non comunicando tale cambiamento all'Ema. Perciò nei prossimi giorni partirà una diffida all'Aifa» ha sottolineato l'avvocato Gallo.