Sanità

feb232016

Rapporto Cittadinanzattiva, federalismo spacca l'Italia. Un italiano su 10 rinuncia a curarsi

Rapporto Cittadinanzattiva, federalismo spacca l’Italia. Un italiano su 10 rinuncia a curarsi
«È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Livelli essenziali di assistenza, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze»: lo ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, presentando il rapporto 2015 dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità. Le cifre del documento mostrano un'Italia divisa nell'accesso alle cure, in cui il 7,2% dei cittadini è escluso a causa di liste di attesa e ticket: «Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, - ha commentato Aceti - oggi alcune regioni in piano di rientro hanno un'offerta dei servizi persino al di sotto degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef altissimi e ingiustificabili dai servizi resi. L'Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell'equilibrio, ai livelli precedenti al piano di rientro».

Mentre i posti letto per acuti continuano a diminuire (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), sono ancora molti i punti nascita in cui si effettua un numero di parti inferiore ai 500 all'anno (98 su 531 punti nascita attivi). Differenze profonde tra le Regioni si rilevano anche sulla prevenzione, sull'accesso ai farmaci innovativi e in particolare oncologici, sulla procreazione medicalmente assistita e sul trattamento del dolore negli ospedali. Secondo Cittadinanzattiva, nel nostro Paese il federalismo non risponde ai bisogni di salute dei cittadini e che li divide a seconda del territorio di residenza: «La prevenzione si fa a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni importanti come Lazio e Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato; altrettanto diversificato di regione in regione l'accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per il tumore e l'epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per effetto dell'aumento della spesa privata per le prestazioni e della tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove».

Renato Torlaschi
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