apr262016
Rapporto Osservasalute, in Italia trascurata la voce prevenzione
Nella sanità italiana viene trascurata la voce prevenzione. Lo evidenzia il "Rapporto Osservasalute 2015" curato dall'Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane, presentato al Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma, che mette in evidenza come vaccinazioni, screening, tutela della collettività e dei singoli, sanità pubblica veterinaria e tutela igienico-sanitaria degli alimenti, vengano quotidianamente trascurati dai finanziamenti e dai singoli cittadini. La percentuale di spesa per la prevenzione prevista dal Piano sanitario nazionale (livello fissato nel Patto per la Salute 2010-2012) è pari al 5%. Sono poche le regioni che raggiungono tale cifra e a livello nazionale mancherebbero all'appello 930 milioni di euro. A non rispettare gli standard stabiliti sono le regioni in piano di rientro mentre i cittadini, da parte loro, dimostrano «scarsa attenzione» alle vaccinazioni. Se nel 2013, per quelle obbligatorie (tetano, poliomielite, difterite ed epatite B) si registrava il raggiungimento dell'obiettivo minimo stabilito nel vigente Piano nazionale prevenzione vaccinale, pari ad almeno il 95% di copertura entro i 2 anni di età, nel periodo 2013-2014 si registrano valori di copertura al di sotto di questo obiettivo. Stesso andamento per vaccinazioni raccomandate, quali anti-Hib e pertosse. Significativo il calo tra gli over 65 del vaccino antinfluenzale, pari oggi al 49%, ben al di sotto dei valori considerati minimi (75%).
Per quanto riguarda l'aspetto economico del settore salute in Italia, Il Rapporto Osservasalute 2015 evidenzia piccoli passi avanti anche se gli stanziamenti sono nel complesso diminuiti. Nel 2014 il disavanzo sanitario nazionale ammonta a circa 864 milioni di euro, in netta diminuzione rispetto al 2013 quando la cifra era di 1.744 miliardi. In questa edizione del Rapporto viene poi trattato, per la prima volta, il tema dei disavanzi non coperti delle Asl, «aspetto molto rilevante per il funzionamento del Ssn poiché l'accumulo di deficit causa l'erosione del patrimonio netto aziendale e, quindi, la contrazione delle attività dovuta alla diminuzione delle disponibilità di cassa e all'incapacità di rinnovare adeguatamente le attrezzature». I dati nel Rapporto sui disavanzi non coperti mostrano che «nello scorso decennio molte Asl hanno sistematicamente operato in perdita e la copertura delle perdite accumulate è stata soltanto parziale. A partire dal 2012 i Servizi sanitari regionali (Ssr) hanno continuato a rilevare perdite, ma in misura sempre più contenuta. Nel frattempo sono cresciuti i controlli per gli obblighi di copertura, e si è aggiunta un ingente trasferimento di liquidità da parte dello Stato».
Emerge quindi con chiarezza dal Rapporto la progressiva diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione per la sanità. «La spesa sanitaria pubblica - si legge - è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014, tale contrazione ha coinciso con una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali» conseguita attraverso il blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi sanitari. Il resto del rapporto fotografa un Paese sempre più anziano: si conferma il boom degli ultracentenari (oltre tre residenti su 10.000 hanno 100 anni e oltre), che sono più che triplicati dal 2002 al 2015, passando da 5.650 unità nel 200 a oltre 19.000 nel 2015. Aumentano anche i "giovani anziani" (ossia i 65-74enni): sono oltre 6,5 milioni, pari al 10,7% della popolazione residente (nello scorso rapporto figuravano oltre 6 milioni, pari al 10,6% della popolazione residente). Merito della genetica, certo, ma anche degli stili di vita: nel 2014 sono diminuiti sia i consumatori di alcolici sia i fumatori.
Nello specifico, nel 2014 la percentuale dei non consumatori di alcolici (astemi e astinenti negli ultimi 12 mesi) è aumentata al 35,6% della popolazione di età superiore o uguale a 11 anni: nel 2013 era il 34,9%. Quanto ai fumatori, continua il trend in lenta discesa: nel 2010 fumava il 22,8% degli over 4, nel 2011 il 22,3%, nel 2012 il 21,9% e nel 2013 il 20,9%. Aumentano invece gli italiani che fanno sport, passati dal 21,5 al 23%. Ma sebbene per alcuni si sia allungata la vita media, per molti si innesca un trend preoccupante. A rimarcare gli aspetti più preoccupanti è
Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto superiore di sanità e direttore dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, a margine della presentazione del Rapporto Osservasalute 2015. «Nel 2015 - ha detto - abbiamo avuto la più grande epidemia di mortalità della storia dall'unità d'Italia: i 54.000 decessi registrati in più l'anno scorso sono dovuti sicuramente alla popolazione vecchia, ma anche alle complicanze dell'influenza e ai servizi che non riescono più a dare risposte. Ci sono parti del Paese in cui i cittadini fanno fatica ad accedervi».
Rossella Gemma