apr72020
Reato di truffa per il rimborso dei farmaci non consegnati agli assistiti
Il comportamento del farmacista che applichi bollini per farmaci non consegnati, costituisce un elemento determinante per la configurazione del reato di truffa previsto dall'articolo 640 codice penale
Il comportamento del farmacista che applichi bollini per
farmaci non consegnati, costituisce un elemento determinante per la configurazione del reato di truffa previsto dall'articolo 640 codice penale (c.p.) e non quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all'art. 316 ter c.p., in quanto delinea proprio quegli "artifici e raggiri" descritti dalla norma penale (art. 640 comma 2 c.p.) ed induzione in errore del Servizio sanitario nazionale che riconosce un rimborso sulla base di presupposti non veritieri.
L'ipotesi di truffa per farmaci senza fustelle
La Corte di Cassazione, pur accogliendo il ricorso proposto dal difensore del farmacista contro la sentenza d'appello, ha confermato la ricostruzione della fattispecie criminosa individuata proprio nell'ipotesi di truffa.
La truffa, secondo la rappresentazione accusatoria, sarebbe consistita nel fatto che il titolare della farmacia avrebbe staccato fustelle di farmaci ordinati da clienti di seguito non ritirati e le avrebbe applicate sulle ricette mediche presentate per ottenere il rimborso effettivamente corrisposto. La norma di cui all'art. 316 ter c. punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni, "Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640 bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sè o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità Europee".
Tale reato si distingue da quello di truffa in quanto non contempla l'elemento degli artifici e raggiri e quello dell'induzione in errore del soggetto passivo.
Ciò che è richiesto dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 316 ter c.p., è infatti l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere (ovvero l'omissione di informazioni dovute) da cui derivi il conseguimento indebito di erogazioni da parte dello Stato o di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, ossia il conseguimento di erogazioni cui non si ha diritto.
Avv.
Rodolfo Pacifico -
www.dirittosanitario.net Per approfondire - Cassazione Penale 09 agosto 2019 su
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