Salute orale, Sidp: alcuni farmaci possono causare gengiviti. Informare dentista su terapie in uso
Alcuni farmaci di uso comune possono avere come effetto indesiderato, un aumento del volume e del sanguinamento gengivale e portare all'insorgenza di gengiviti, pertanto bisogna informare il dentista sulle terapie in corso e, in caso di necessità rivolgersi a un parodontologo per una visita di controllo. È quanto afferma Mario Aimetti, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) e docente di Parodontologia all'Università di Torino, secondo quanto evidenziato negli studi recenti e nella nuova classificazione delle malattie parodontali che sarà presentata in occasione del congresso annuale della Società 21-23 marzo 2019 Rimini. In particolare, tre le tipologie di farmaci interessate: gli anticovulsivi impiegati per il trattamento dell'epilessia (come fenintoina e sodio valporato), i calcio-antagonisti utilizzati come antipertensivi (come nifedipina, verapamil, diltiazem, amlodipina, felodipina) e, ancora, gli immunoregolatori, come le ciclosporine, usati in soggetti che hanno subito un trapianto. Anche i contraccettivi orali se usati in alte dosi possono necessitare attenzione. Aimetti, precisa che l'aumento dell'infiammazione e del volume gengivale non si presenta in tutti i pazienti che fanno uso di questi farmaci: «Gli effetti possono variare anche nella stessa persona, a seconda dell'età o dal cambio di abitudini, come l'aumento o la cessazione del fumo e una più o meno accurata igiene orale». E spiega che «l'aumento del volume gengivale indotto da questi farmaci favorisce l'accumulo di placca batterica sulla superficie dentale vicino alla gengiva. Questa, a sua volta, ne causa l'infiammazione. Quindi, se si assumano questi farmaci, bisogna informare il dentista e, in caso di necessità recarsi da un parodontologo per una visita di controllo». L'esperto sottolinea che nella maggior parte dei casi basta una rimozione professionale della placca e del tartaro associata ad una correzione delle manovre di igiene orale a casa mentre nei casi più gravi, «di comune accordo con il medico di famiglia e lo specialista, si può valutare l'eventuale sostituzione della terapia farmacologica».
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