Sanità

mar112015

Titolo V, da Camera sì a una salute più statale

Titolo V, da Camera sì a una salute più statale
Nuovo passo verso il chiarimento delle regole d'ingaggio tra stato e regioni in tema di sanità: la Camera ha dato l'Ok - 357 sì e 125 no - alla riforma del titolo V della Costituzione, che ora torna in Senato per la seconda lettura e l'approvazione a maggioranza assoluta; poi si torna alla Camera.
Stato-Regioni - Le modifiche riportano allo Stato importanti competenze sulla sanità e trasformano il Senato in una camera delle Regioni eletta dai consigli regionali. Il testo base elimina il concetto di legislazione concorrente tra stato e regioni su una stessa materia. All'articolo 117 lettera m) lo stato si riprende la legislazione esclusiva nel determinare i livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali ivi incluso il diritto alla salute: solo "Roma" può emanare "disposizioni generali e comuni a tutela della salute" e in tema di "politiche sociali e sicurezza alimentare". Alle regioni resta "la potestà legislativa in materia di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali", ma se sono a rischio l'unità o l'interesse nazionale può intervenire anche in materie "regionali" (clausola di supremazia).
Tornano allo Stato pure energia, infrastrutture, sicurezza sul lavoro, previdenza, istruzione. Per le professioni il nuovo testo parla non solo di tutela ma di promozione della concorrenza.
Le regioni potranno a loro volta legiferare su materie di loro competenza (articolo 117), a patto di assicurare equilibrio tra entrate ed uscite, in temi di cui ai commi l), n), s) ed u): scuola, beni culturali, protezione civile, persino giudici di pace, ma non sanità.
Parlamento - La camera emanerà le leggi e darà la fiducia ai governi: resta intatta con 630 deputati mentre in Senato, 95 onorevoli saranno eletti dai consigli regionali, ripartiti in base al peso demografico delle regioni, e 5 saranno nominati dal Capo dello Stato. Il Senato sarà pari alla Camera solo negli iter d'approvazione delle riforme costituzionali, e potrà rinviare al mittente le leggi approvate alla Camera, che però avrà l'ultima parola (ma dovrà deliberare a maggioranza assoluta su norme relative alle competenze di stato e regioni). Per ottenere i referendum ci vorranno 800 mila firme, ma già a 400 mila la Corte Costituzionale sarà chiamata a giudicarne l' ammissibilità, per le petizioni ci vorranno 250 mila firme.
No "eccellenti" - Anche se il gruppo di Scelta Civica con Pd ed Ncd ha detto sì, il deputato Giovanni Monchiero, già numero 1 di Agenas e Fiaso, ha detto no. Non ai contenuti, e alla "tutela" dei Lea, ma alle forme. «Il testo è mal scritto. Doveva evitare i ricorsi di stato e regioni alla Corte Costituzionale a tutela delle rispettive competenze, ma non è chiaro, può generare confusione ed accentuare i conflitti». Osservazione più "costituzionalistica": «In un quadro di confusione e cattiva scrittura, un senato - voce delle regioni non eletta dal popolo ma abilitata a dare un parere su ogni legge -potrebbe in teoria mettersi sistematicamente di traverso sui processi legislativi».

Mauro Miserendino

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