NUTRIZIONE

nov132014

Una dieta mirata e a basso contenuto di Fodmap allevia i sintomi della Ibs

Nella sindrome dell’intestino irritabile una dieta personalizzata, che escluda solo gli alimenti critici e sia concordata con uno specialista, evita squilibri alimentari e può alleviare i dolorosi sintomi caratteristici

Ibs è l'acronimo di sindrome dell'intestino irritabile (in inglese Irritable bowel syndrome) uno dei più diffusi disturbi gastrointestinali, con una prevalenza molto alta (10-15%) nei paesi occidentali, che colpisce per lo più adulti, specialmente donne. È caratterizzata generalmente da dolore e gonfiore addominale e sulla base della conformazione delle feci si riconosce una Ibs-C, caratterizzata da costipazione e un Ibs-D associata a diarrea. Ancora non sono chiare le cause, né è stato definito un approccio terapeutico soddisfacente per i pazienti coinvolti. Si ipotizzano, fra le cause, un fattore predisponente genetico, una funzione ridotta della barriera intestinale e variazioni del microbioma intestinale. Certamente l'alimentazione gioca un ruolo chiave nello scatenare i sintomi nei soggetti sensibili. La maggior parte dei pazienti riferisce di provare un peggioramento o il sorgere dei sintomi tipici dopo il consumo di un pasto (il 28% entro soli 15 minuti e il 93% entro 3 ore); la maggior parte di essi ha associato il malessere ad almeno un alimento in particolare. È un disturbo che può sensibilmente ridurre la qualità della vita, tanto che molti provano ad auto-limitare la propria dieta fino a escludere determinati alimenti, con l'evidente rischio di causare squilibri e deficit di nutrienti. Un alimento è un sistema complesso di componenti e altrettanto articolata è la fisiologia gastrointestinale e gli stimoli che si generano quando il contenuto del pasto (inteso come apporto di proteine, carboidrati e grassi) o anche singoli nutrienti entrano in contatto con le cellule endocrine disseminate fra le cellule epiteliali della mucosa, rivolte verso il lume. In quanti soffrono di Ibs, possono scatenarsi reazioni più o meno accentuate di malessere. Più recentemente l'attenzione si è focalizzata sui cosiddetti Fodmap (la sigla riassume i termini "fermentabili, oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli"), carboidrati a catena corta che arrivano al colon, dove vengono fermentati dai batteri presenti (per lo più Clostridium spp) producendo gas e distensione luminale, che riaccendono e intensificano i sintomi tipici della Ibs. Un recente studio australiano ha dimostrato l'efficacia di un approccio terapeutico che miri ad una dieta personalizzata con un basso contenuto di Fodmap, che includono: fruttosio, lattosio e polialcoli (sorbitolo, maltitolo, mannitolo, xilitolo, e isomalto, ingredienti di molti cibi e snack ipocalorici). Dunque si ritrovano in mele, pere, melone, succhi di frutta in generale, miele, frutta secca, ma anche latte e latticini; fruttani e galattani sono anche presenti in grano, segale, aglio e cipolla, legumi, cavoli, carciofi, asparagi, soia e broccoli. Un basso apporto di Fodmap sembra ridurre i sintomi gastrointestinali di quanti soffrono di Ibs. Anche la supplementazione con Lactobacillus spp e Bifidobaterium spp potrebbe portare ad un miglioramento delle condizioni del paziente: sono infatti batteri "buoni", antagonisti dei Clostridium, che non fermentando carboidrati non producono gas e migliorano la tolleranza ai Fodmap della dieta.

Francesca De Vecchi - esperta in scienze dell'alimentazione

Gastroenterology. 2014; 146(1):67-75.e5
World J Gastroenterol 2014 July 21; 20(27): 8837
International journal of molecular medicine 2014; 34: 363-371



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