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Politica e Sanità

24 Aprile 2015

Da Torino, farmacie sentinella nella violenza sulle donne


Il fenomeno della violenza sulle donne è molto più diffuso di quanto appare e in questo contesto la farmacia può essere un punto di riferimento anche perché il farmacista è considerato una delle prime figure professionali a cui indirizzare una domanda di aiuto. E il ruolo del farmacista può essere quello di cogliere, attraverso la conoscenza delle persone che entrano in farmacia o in base alla richiesta di medicinali, segnali di un profondo disagio interiore. Sono questi gli spunti che arrivano dal progetto sulla violenza contro le donne lanciato, al momento, nelle farmacie di comunità della provincia di Torino - ma che si vorrebbe estendere su tutto il territorio regionale - che vede impegnato il Master in farmacia territoriale Chiara Colombo, sotto l'egida dell'Università di Torino e dell'Ordine dei Farmacisti della provincia di Torino, e che è stato presentato ieri. «La farmacia» spiega Paola Brusa, professore all'Università di Torino «potrebbe essere un punto di riferimento sia per le persone direttamente interessate da fenomeni di violenza sia per chi è a loro vicino ma non in grado di fornire aiuto». «Ogni giorno» aggiunge Mario Giaccone, presidente Ordine di Torino «centinaia di persone, di ogni estrazione sociale, si recano in farmacia: il ruolo del farmacista è quello di percepire, attraverso la conoscenza dei propri clienti o a volte in base alla richiesta di medicinali riconducibili a problematiche che potrebbero essere causati da atti di violenza, un segnale di un profondo disagio interiore, riconducibile ad un possibile scenario di violenza». Come base del progetto «si è sviluppata l'idea di realizzare degli strumenti semplici ma utili che possano essere di supporto al farmacista durante il consiglio a banco in caso di richiesta di aiuto» si legge nella nota di presentazione dell'iniziativa: «un volantino in cui inserire le informazioni salienti inerenti alle principali associazioni assistenziali torinesi, quali indirizzi, servizi erogati e contatti; un pannello contenente in maniera ben visibile e chiara l'indicazione del numero antiviolenza donna, il 1522». D'altra parte, anche solo «questo» ha sottolineato Brusa «è di estrema importanza, poiché non sempre è possibile consegnare un volantino o comunicare un indirizzo: le donne che subiscono violenza spesso sono sorvegliate dai loro aguzzini». Ma in aggiunta è «stata anche condivisa l'importanza e la necessità di formare in maniera uniforme quei farmacisti interessati a collaborare con la rete antiviolenza comunale o provinciale, inserendosi in un team che svolge un servizio fondamentale per la tutela della donna», con anche l'organizzazione di un corso di formazione specifica». D'altra parte, «la violenza domestica» fa il punto Patrizio Schinco, Direzione Sanitaria dei Presidi Molinette/SGAS - A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino - Centro di Supporto e  Ascolto Vittime di Violenza Demetra «assume molte forme, tra le quali l'abuso psicologico/emotivo, fisico e sessuale, e i suoi effetti sulla salute delle vittime e dei loro figli sono molteplici. Ricordiamo che circa 1 donna su 4 e un uomo su 13 subiscono nella loro vita molestie e abusi e che molte di queste vittime non si libereranno mai delle sequele di queste esperienze, riportando conseguenze negative per la salute a breve e lungo termine». Per questo è importante «capire e riconoscere gli effetti della violenza». Va ricordato infatti che «la violenza, anche solo psicologica, è associata ad una serie di malattie, tra le quali malattie autoimmuni, dolore cronico, emicrania e altre cefalee, balbuzie, infezioni sessualmente trasmesse, dolore pelvico cronico, ulcera gastrica, colon spastico e dispepsie, diarrea o costipazione».

Francesca Giani

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