Innovazione terapeutica, ancora troppi vincoli per accesso a nuovi farmaci
Fino a 9 passaggi per far arrivare un nuovo farmaco al paziente dopo l'approvazione dell'Agenzia europea dei medicinali e due anni per l'accesso nazionale e regionale. Non solo. Dieci-quindici anni di studi e ricerche e un investimento pari a oltre 2,5 miliardi di euro per lo sviluppo di una molecola che arriva al paziente, ma solo una sostanza su 10.000 ci arriva e solo 2 su 10 che ammortizzano i costi. Possono bastare questi numeri, presentati al Corso di formazione professionale Concetti e linguaggi dell'innovazione farmacologica promosso dal Master di comunicazione scientifica della Sapienza "La scienza nella pratica giornalistica" con il supporto della Fondazione Msd, svoltosi a Roma la scorsa settimana, per certificare la difficoltà del processo che conduce alla scoperta di nuove terapie. Un processo che in Italia è ulteriormente complicato da ostacoli burocratici, ritardi amministrativi e percorsi autorizzativi tortuosi. «Il 56% dei pazienti cronici non ha accesso alle terapie innovative» conferma Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. «L'innovazione è frenata dalla burocrazia, ancora più complicata quando dal livello nazionale si passa ai Servizi sanitari regionali, che hanno procedure e tempi completamente diversi». Ciò nonostante la ricerca e l'innovazione farmacologica stanno conseguendo risultati incoraggianti, come ha sottolineato il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi «nell'innovazione stiamo vivendo una "nuova primavera", con farmaci per molte importanti patologie, quali l'epatite C e diverse forme tumorali. La Ricerca è sempre più orientata al biotech e alla medicina personalizzata che non rappresentano solo il futuro ma anche il presente». La sfida della sostenibilità, concludono Aifa e associazioni, si può vincere solo uscendo dall'ambito nazionale per guardare all'Europa: servono nuove strategie per definire criteri di autorizzazione, di prezzo e rimborsabilità validi a livello europeo mentre per coinvolgere i pazienti bisogna ispirarsi alle esperienze positive realizzate in Europa di partecipazione dei cittadini alle attività regolatorie e alle scelte basate sull'uso razionale delle risorse e su una chiara definizione del concetto di innovazione. Ma occorre intervenire presto, conclude la nota, perché solo l'innovazione farmacologica può dare risposte alle grandi sfide presenti e future che devono essere vinte per difendere la salute dei cittadini, come ad esempio le infezioni correlate all'assistenza (Ica) e le malattie rare.
Marco Malagutti
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