Federfarma riunisce a Palermo i farmacisti europei: «Sui capitali urgono paletti»
Nei 16 Paesi europei nei quali la liberalizzazione ha consentito ai privati di diventare pieni proprietari di farmacie, si fa la conta dei danni a utenti e mercato in termini di monopoli, concentrazioni, catene e pericolosi conflitti di interessi fra distributori, al punto che alcuni hanno precipitosamente fatto retromarcia. Questo, in sintesi, il messaggio uscito dalla convention siciliana organizzata dal presidente di Federfarma Palermo, Roberto Tobia, delegato di Federfarma nazionale al Pgeu (Pharmaceutical group of the european union), che ha riunito le delegazioni europee dei farmacisti di Spagna, Portogallo, Francia e Italia, guidate dal Segretario generale del Pgeu, Jurate Svarcaite.
«Tutto ciò - hanno spiegato i relatori - non sta impedendo ora alla Grecia e all'Italia di ripetere l'errore, non introducendo paletti e snaturando un sistema di rete sociale che per quasi due secoli ha garantito, capillarmente, sul territorio italiano salute ed etica ai cittadini». E proprio Roberto Tobia, alla luce del confronto con i Paesi del Mediterraneo, ribadisce la richiesta di applicare sempre di più quella che ormai viene definita "pharmaceutical care", ossia la presa in carico dei pazienti cronici da parte dei farmacisti in raccordo con i medici di Medicina generale, perché «gli studi dimostrano risparmi fino al 50% sulla spesa farmaceutica nei pazienti ipertesi (Spagna), fino a 3.000 dollari l'anno per paziente cardiopatico (Usa) e di ridurre del 54% i ricoveri cosiddetti impropri (Spagna)». E non ultima l'aderenza alla terapia che, con il contributo del farmacista, cresce in maniera esponenziale producendo forti risparmi all'interno del Ssn. Un confronto, quello tra i vari Paesi del mediterraneo, che ha visto spiccare il ruolo della Spagna dove, secondo una Legge del 2007, farmacisti o società di farmacisti devono detenere la proprietà della maggioranza delle quote di una farmacia. Tuttavia tale Legge non ha mai trovato applicazione in quanto non sono stati mai pubblicati i decreti attuativi e oggi, di fatto, la proprietà è saldamente in mano ai farmacisti. In Francia, invece, la proprietà della farmacia è legata al farmacista. Tuttavia vi è un'eccezione: attraverso una serie di partecipazioni societarie incrociate è possibile che il capitale della farmacia sia detenuto al 49% da non farmacisti.
Sempre in Francia, i dati del 2014 indicano che il 36% delle farmacie sono gestite in forma di società professionale (Sel) e il 40 % di queste ha al suo interno investitori non farmacisti. Situazione diversa in gran Bretagna, dove non c'è alcuna restrizione sulla proprietà della farmacia che non è soggetta ad alcun limite. Le farmacie possono essere aperte anche nei supermercati. «L'ingresso del capitale nella proprietà delle farmacie - ha spiegato Annarosa Racca, presidente di Federfarma - è già una realtà in molti altri Paesi europei. È importante cogliere le opportunità del cambiamento, come peraltro la farmacia ha sempre saputo fare in questi anni densi di stravolgimenti e di provvedimenti di deregulation, dalla liberalizzazione della vendita di farmaci senza ricetta a quella degli orari. Ma c'è bisogno di una collaborazione tra i Paesi del Mediterraneo, nettamente diversi da quelli anglosassoni, per fare battaglie comuni nell'interesse dei pazienti e di tutto il Ssn».
Rossella Gemma
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