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Politica e Sanità

28 Aprile 2017

Fallimenti a Milano, Federfarma: nessun allarme. Fofi: ripensare politiche


A lanciare l'allarme è un articolo del Giornale di ieri che riporta il caso di 7 farmacie di Milano in fallimento, secondo i dati del tribunale fallimentare di Milano, e 25 che hanno chiesto il concordato preventivo negli ultimi mesi. Un allarme che non trova riscontro, secondo quanto riferisce Annarosa Racca, presidente di Federfarma nazionale e di Milano: «I fallimenti riguardano in particolare la catena Essere Benessere, di cui si aveva già notizia e con vicende note alla cronaca». Per altro, continua Racca «i dati più aggiornati sulla spesa farmaceutica della Regione mostrano che la convenzionata, netta e lorda, ha segnato un leggero aumento e, a livello di politiche regionali, la farmacia dei servizi è stata inserita a pieno titolo e in maniera sistematica nella normativa».

Al di là della situazione di Milano, c'è una preoccupazione data soprattutto dalla situazione politica: «Si riparla di ulteriori liberalizzazioni della distribuzione del farmaco» interviene in una nota Andrea Mandelli, presidente Fofi, a ridosso dell'articolo pubblicato dal Giornale, «di ipotesi di sanatorie e di altre misure che puntano - secondo chi le propone - a una più equa ripartizione di chissà quale "ricco mercato" che oggi sarebbe nella disponibilità esclusiva della rete delle farmacie». Il quadro vede invece «nel Mezzogiorno, nelle località più piccole, ormai un costante stillicidio di chiusure, per non parlare delle segnalazioni di grave difficoltà economica che giungono agli Ordini di tutte le provincie. E a questo perdurante declino della stabilità economica delle farmacie si accompagna la crescente difficoltà a trovare e a mantenere il posto di lavoro per migliaia di farmacisti. Infatti, come insegnano le vicende di tutta l'economia italiana, la riduzione del fatturato comporta inevitabilmente la compressione dei livelli occupazionali. In questo quadro, gli effetti dell'apertura alle società di capitali prevista dal DdL Concorrenza non possono che rendere ancora più fragile il servizio farmaceutico: secondo i dati elaborati da Ims, possedere le 5.000 farmacie più grandi significa in pratica dominare il mercato, e ciò comporterà la chiusura dei presidi meno appetibili dal punto di vista commerciale ma che hanno una funzione sociale insostituibile. Tutto questo non significa soltanto mettere in crisi una professione, significa far venire meno un servizio fondamentale per i cittadini: l'equo e uniforme accesso ai medicinali. Mi sembra che manchi una visione realistica di tutto il settore del farmaco e delle conseguenze che potrebbero avere misure non meditate. Peraltro, questo atteggiamento mi pare si ritrovi puntualmente ogni qual volta si considerano la sanità e la tutela della salute un business tra tanti».

Francesca Giani

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