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Politica e Sanità

05 Dicembre 2017

Farmacie integrate nelle reti cliniche, da gennaio al via sperimentazione in Toscana


Ormai il concetto sembra essere assodato, almeno in Toscana: per realizzare la presa in carico del paziente cronico e fare in modo che possa portare risparmi in termini di minori accessi a pronto soccorso e ospedale, non basta una integrazione multiprofessionale sul territorio, serve anche il coinvolgimento strutturato della farmacia, perché «una grossa fetta della partita si gioca proprio sulla aderenza alla terapia». È questo uno dei principi al centro del progetto delle Reti cliniche strutturate e integrate portato avanti dall'Azienda Usl Toscana Sud Est - con il coinvolgimento anche delle rappresentanze regionali e locali di Federfarma e Assofarm - nel quale si punta a integrare il farmacista disegnandone un nuovo ruolo attraverso, in particolare, un'attività di pharmaceutical care. A fare il punto Marco Nocentini Mungai, presidente di Federfarma Toscana, che spiega: «si sta ultimando la costruzione scientifica e metodologica e lavorando agli aspetti attuativi e l'augurio è di partire per i primi mesi dell'anno». A oggi, continua, «si registra una importante convergenza e accordo di tutti gli attori coinvolti. Tra i nodi sul tappeto, su cui è ancora in corso una verifica, ci sono le ultime questioni tecniche, inerenti per esempio la piattaforma informatica, ma tutto sta procedendo. La sperimentazione nella prima fase coinvolge alcune farmacie della Asl di Arezzo, per poi, almeno nelle intenzioni, allargarsi, ed è importante al fine del progetto la formazione. Una volta risolte le problematiche tecniche, ci occuperemo anche della parte legata alla remunerazione. Nostro obiettivo è che il modello possa essere di riferimento nazionale e questo sarà possibile grazie soprattutto alla sua replicabilità». Un elemento importante a questo proposito è la misurabilità dei risultati: «Uno dei punti più innovativi del progetto è il coordinamento, dal punto di vista clinico e organizzativo, del Medico di medicina generale e, da un punto di vista gestionale e dei risultati, della Asl, che è in grado di verificare, misurare e certificare eventuali minori ricoveri e accessi al pronto soccorso ed eventuali risparmi».
Non a caso, Enrico Desideri, direttore generale della Asl Sud Est e ideatore del progetto, intervenuto recentemente in un convegno dedicato, ha commentato: «Da manager di Azienda sanitaria devo garantire sostenibilità, equilibrio, universalità al sistema sanitario. Punto di partenza è che la cronicità ricopre oltre l'80% dei costi sanitari, tra i quali ci sono anche i costi di ospedalizzazione».
E proprio in questa voce «un grosso impatto è rappresentato dalla mancata aderenza alla terapia. Pensiamo solo al caso di ipertesi, ma anche al diabete, dove, secondo la letteratura, si rileva aderenza alla cura solo nel 50% dei casi». Da qui allora il ruolo per le farmacie territoriali: il modello delle reti cliniche integrate, che realizza la presa in carico del paziente cronico, si sviluppa infatti attorno alle Aft, le aggregazioni funzionali territoriali, in cui lavorano team multidisciplinari, dai medici delle cure primarie (medico di famiglia e pediatra), all'infermiere, ai servizi sociali, al collaboratore di studio. E in questo contesto «obiettivo è dimostrare che se inseriamo nelle reti cliniche integrate la farmacia disegnandone un nuovo ruolo si genera un risparmio». Il ruolo del farmacista allora può svilupparsi attorno a «informazione e promozione stili di vita, reazioni avverse da farmaci e interazioni, contributo alle campagne istituzionali, ma soprattutto funzione di supporto ai medici, in termini di accompagnamento personalizzato e aderenza alla terapia».

Francesca Giani

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